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Giacomo Alberione, SSP Sacerdote, ecco la tua meditazione IntraText CT - Lettura del testo |
3. Gesù insegna la pazienza.
[425] 3. Gesù insegna la pazienza. «Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dai cieli... e si fece uomo” (Simbolo niceno-costantinopolitano. - Denzinger n. 36). Ma come fu accolto? «Venne in casa sua, e i suoi non lo ricevettero» (Gv 1,11). Altri invece lo condannarono a morte. E tuttavia egli non si lamenta: tace quando è
abbandonato, come tacerà quando sarà ingiustamente accusato e condannato. Avrebbe potuto lamentarsi dell’incuria degli uomini, della crudeltà usata verso di lui e verso la madre sua; preferì però tacere; e tacendo, dice S. Agostino, combatté la malizia dei suoi nemici, e col silenzio riportò su di essi vittoria.
[426] La pazienza è necessaria nelle ingiurie, nelle avversità, nelle fatiche, nelle malattie, nelle pene spirituali. Se manteniamo il silenzio, moltiplicheremo le vittorie. Il Sacerdote tutto pazientemente tollera, in Cristo Gesù. Dobbiamo distinguere in questa equanimità tre gradi.
Primo grado: Il Sacerdote che soffre cose moleste e dure non si perde di animo, non desiste dal lavorare, non cerca di distrarsi per ricevere sollievo. Conserva egli la stessa fedeltà di prima, la stessa applicazione della mente, la stessa sollecitudine nell’operare. Sente il peso della tribolazione, ma non ne è vinto. Geme sotto questo peso, ma è sempre disposto a fare la volontà di Dio, anche se dovesse per questo affrontare altre e più gravi sofferenze. Egli ripete: «Padre mio, se è possibile passi da me questo calice; tuttavia non quello che io voglio, ma quello che vuoi tu» (Mt 26,39); «Non la mia, ma la tua volontà sia fatta» (Lc 22,42).
Secondo grado: Sopportando cose moleste e gravose, il Sacerdote ringrazia Dio, ben sapendo che è utile patire con Cristo Gesù, per la salvezza delle anime. Umiliato, dice al suo Dio: «Buon per me che ho avuto a soffrire, che così mi sono avvezzato alle tue istituzioni!” (Sl 118,71).
Terzo grado: Non soltanto il Sacerdote sopporta con pazienza e con gioia i suoi dolori, ma ne cerca con giocondità altri, ne desidera altri, e ripete: «O soffrire, o morire!». Risplende infatti davanti a lui l’esempio del divino Bambino, che per primo cercò per noi tanti e così grandi dolori. Per te, o Gesù dolcissimo, voglio sopportare ciò che soffro.
O buon Maestro, queste lezioni sono utilissime. Io umile tuo scolaro ti supplico: traimi dietro ai tuoi esempi; correrò dietro al profumo delle tue virtù!