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Giacomo Alberione, SSP
Sacerdote, ecco la tua meditazione

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32.

 GESÙ A NAZARET

 

(PB 7, 1943, 44-48)

 

 

 

I. MEDITAZIONE

 

1. Gesù Cristo è a noi via.

       [435]  1. Gesù Cristo è a noi via, secondo il detto: «Venne a Nazaret e stava loro sottomesso» (Lc 2,51). Ti adoro, o Maestro mio Cristo, nella tua vita nascosta ed umile vissuta per trent’anni, e considero le circostanze della tua singolare ubbidienza.

       Chi era che stava sottomesso? La Sapienza increata, il Figlio di Dio, il Re dei re, il Signore dei dominanti, il Dio onnipotente al quale ogni cosa è sottomessa, perché ogni cosa è stata da lui creata; colui che nelle sue disposizioni non può né sbagliarsi, né ingannare. Io invece sono polvere e cenere, e tuttavia, essendo io superbo, non voglio ubbidire!

       A chi era sottomesso? A Maria ed a Giuseppe, ossia a due creature. Io, ubbidendo ai miei superiori, sono veramente suddito di Dio stesso. Forse io non ubbidirò?

       In che cosa stava sottomesso? Nelle cose minime, come nelle più importanti; nello scopare la casa, nel preparare la mensa, nel servire la madre in cose piccole ed umili, nel preparare la legna, nei lavori di artigiano; nella preghiera, nell’orario, nella frequenza della sinagoga e del tempio. Io eviterò ancora gli uffici umili e piccoli, bramoso di cose alte e importanti?



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       In che modo stava sottomesso? Con prontezza, con alacrità, con gioia interna ed esterna. Tutto faceva per la gloria di Dio e per la redenzione degli uomini. Non arrossirò della mia imperfetta ubbidienza? Io eseguisco i comandi dei superiori lentamente, con apatia, a malincuore; qualche volta addirittura con la sola sottomissione esteriore.

       Perché stava sottomesso? Non per forza, ma per amore. Per insegnarmi il valore dell’ubbidienza, per mostrarmi che la via dell’ubbidienza è la via sicurissima che conduce alla perfezione, per ammonire i Sacerdoti che solo può con sicurezza comandare colui che ha imparato ad essere sottomesso. Io poi so che, in forza dell’ubbidienza, tutte le opere indifferenti diventano meritorie; che l’uomo ubbidiente è invincibile: «L’uomo ubbidiente canterà vittoria» (Pv 21,28 Vg); che nessuno è tanto felice e lieto quanto colui che ubbidisce con semplicità.

 




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