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Giacomo Alberione, SSP Sacerdote, ecco la tua meditazione IntraText CT - Lettura del testo |
3. L’essenza del sacrifizio eucaristico consiste nella consacrazione.
[533] 3. L’essenza del sacrifizio eucaristico consiste nella consacrazione, poiché, in forza delle parole, il corpo viene misticamente separato dal sangue. Dice infatti S. Ireneo: «(Cristo) dicendo: Questo è il mio corpo,... indicò l’oblazione nuova del Testamento nuovo” (Adversus haereses, 1. 4, c. 17, n. 5).
Rifletti, o Sacerdote, sulle disposizioni che si richiedono per celebrare la Messa; esse sono: il digiuno naturale, la devozione, lo stato di grazia. Bisogna ricordare alcuni principi di morale: «Nessuno si accosti alla sacra eucaristia colla coscienza del peccato mortale, per quanto egli creda di essere contrito, senza premettere la confessione sacramentale. È lecito ricevere l’eucaristia, premettendo la sola contrizione senza la confessione, solo quando urge la necessità di comunicarsi o di celebrare, e manca il confessore. Il Sacerdote che, verificandosi le condizioni del caso precedente, ha celebrato la Messa senza premettervi la confessione, è tenuto, quanto prima, a confessarsi» (cf Conc. Tridentino, sess. 13, cap. 7 e can. 11). Ecco per disteso la prescrizione conciliare: «Se a chicchessia è sconveniente accostarsi non devotamente a qualsiasi sacra funzione, senza dubbio quanto più è conosciuta all’uomo cristiano la santità e la divinità di questo sacramento, tanto più attentamente gli conviene evitare di accostarsi a riceverlo senza grande riverenza e pietà, specie se ricordiamo le parole dell’Apostolo piene di terribilità: Chi mangia e beve da indegno, mangia e beve la sua condanna, non distinguendo il corpo del Signore (1Cr 11,29). Perciò a chi vuole comunicarsi è bene ricordare quel precetto dell’Apostolo: L’uomo si renda degno (1Cr 11,28). Ora il costume della Chiesa mette in chiaro che è necessaria tal dignità nel senso di non accostarsi alla sacra eucaristia colla coscienza del peccato mortale, per quanto il
fedele creda di esser pentito, tralasciando di premettere la confessione sacramentale: tal dovere questo sacro Sinodo ha deciso che debba essere osservato da tutti i cristiani, e anche da quei Sacerdoti ai quali per ministero incombe di celebrare, salvo che non ci sia un confessore; che se, per urgente necessità, il Sacerdote celebra senza prima confessarsi, è tenuto poi a confessarsi quanto prima» (Id., sess. 13, cap. 7. - Denzinger n. 880).