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Giacomo Alberione, SSP
Sacerdote, ecco la tua meditazione

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3. Nella recita è richiesta e raccomandata.

       [605]  3. Nella recita è richiesta e raccomandata almeno quella devozione che renda la recita medesima atto di religione; né soddisferebbe al precetto del breviario chi leggesse le ore canoniche solo per acquistare scienza, o per uniformarsi all’agire di un amico, ecc. È necessaria l’intenzione di pregare, non però attuale ed esplicita, ma almeno virtuale ed implicita; che abitualmente si ha quando si prende il breviario e si recita per soddisfare al precetto. Chi non si curasse in nulla dell’attenzione interna, peccherebbe almeno venialmente, perché si


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diporterebbe con irriverenza verso Dio. Perciò all’inizio della recita si dice: «O Signore,... purifica il cuor mio da ogni pensiero vano, cattivo ed estraneo» (Breviarium Romanum: Aperi).

       Chi invece non si accontenta di strettamente soddisfare solo al precetto, ma intende di pregare con pia devozione ed utilità propria, con tutto il cuore premette all’ufficio quella preghiera che lo unisce a Cristo, affine di dire le varie ore con Gesù che prega, per Gesù che prega ed in Gesù che prega: «O Signore, io recito queste ore, in unione a quelle intenzioni divine con cui tu in terra, hai lodato Dio» (Breviarium Romanum: Domine, in unione...).

 

       [606]  Dio non sopporta che le cose che lo riguardano vengano compiute con negligenza: «Maledetto chi fa con negligenza l’opera del Signore» (Gr 48,10). Quale maledizione? «Maledirò le vostre benedizioni» (Ml 2,2). Medita gli avvisi di un certo Concilio: «Non pigri, non sonnolenti, non neghittosi, non guardando in giro, non in posa del corpo indecente» bisogna essere durante la recita del divino ufficio (cf Conc. Lat. IV, a. 1215). La recita del breviario sia fatta generalmente prima delle altre opere di ministero, perché tra i doveri sacerdotali il principale è quello di pregare per il popolo, «affinché quello che il popolo da solo non può fare verso Dio egli (il Sacerdote) meriti di ottenere ciò che ha chiesto per il popolo» (S. Agostino). Che cosa dolorosa è vedere il pastore che, lasciata l’orazione, comincia a combattere da solo contro il demonio! Che relega all’ultima ora del giorno, quando è già stanco, la recita del breviario! Che ne sarà della sua anima? Quale frutto riporterà dalle sue fatiche ? Non riporterà frutto stabile, né abbondante. Beato invece il pastore che confida nella preghiera: egli riporterà grande frutto, perché avrà Dio con sé; Dio che lavora per lui.


 




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