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Giacomo Alberione, SSP Sacerdote, ecco la tua meditazione IntraText CT - Lettura del testo |
III. MEDITAZIONE
1. La sesta domanda.
[680] 1. La sesta domanda è: «E non c’indurre in tentazione” (Mt 6,13). Tentazione equivale a prova. Per sé non è né un bene e né un male, ma è occasione di merito ed anche occasione di peccato. C’è chi nella tentazione ottiene «il buon esito» (1Cr 10,13), e c’è chi presta consenso alla tentazione e pecca. Chiediamo al Signore o di essere liberati dalla tentazione, o di non cadere in peccato, nell’occasione della tentazione. Dio è fedele e non permette che noi siamo tentati sopra le nostre forze, il demonio infatti è da Dio trattenuto, e, come un cane legato alla catena: potrà abbaiare, ma non può mordere se non coloro che volontariamente gli si avvicinano.
Affinché noi possiamo resistere alla tentazione, occorrono due condizioni: vigilanza e preghiera. La vigilanza ha origine dal timore, la preghiera ha origine dalla fiducia in Dio. Dice il Signore ai suoi discepoli: «Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione» (Mt 26,41).
Sapendo che il mondo ci circuisce, che il diavolo gira per divorarci, che in noi vi sono le tre concupiscenze, guardiamo sempre a Dio, per ottenere l’aiuto nel tempo dovuto.