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Giacomo Alberione, SSP San Paolo - Bollettino SSP IntraText CT - Lettura del testo |
Pensiamo alle Vocazioni!
1. Primo passo: mirare alle vocazioni indigene ed alla loro formazione. I primi atti del Maestro Divino, che è Via, Verità e Vita anche in questo (e specialmente in questo!) furono le chiamate di Andrea, Pietro, Giacomo, Giovanni, ecc. ecc.: formarsi il nucleo eletto, i migliori e più ben preparati a capirLo e seguirLo, i continuatori della sua missione. Ad essi dedicò la parte più abbondante e migliore del suo ministero pubblico.
Nella prima Casa di S. Paolo si chiamarono,
prepararono, scelsero, prima di tutto, delle vocazioni; poi si pensò al nido (casa), macchinari, iniziative, ecc. È possibile un fecondo apostolato in casa d'affitto, privi di macchinari, senza denari... Ma si farà opera stabile e veramente efficace ed ampia cercando, aiutando, formando vocazioni.
Perdonate se lo ripeto sino alla noia: vi sono Case e Sacerdoti e Chierici e Discepoli che si lasciano sfuggire troppe occasioni di proporre la parte migliore, specialmente agli adulti. A questa opera danno poco tempo... e, senza preoccuparsene, molto insistono per avere altro personale. Io prego di considerare le cose in un buon Ritiro Mensile e prima di chiedere, domandarsi: «Faccio in questo la parte mia?». Voglia il Signore che per nostra indolenza non abbia a perdersi nessuna vocazione... E vi sono Case, Sacerdoti, Chierici e Discepoli che invece zelano davvero. A questi cari Fratelli è riservato un gran merito.
E si abbia cura dei Sacerdoti e Discepoli più giovani, e degli Aspiranti che il Signore ha già mandati! Verrà allora esaudita la invocazione: «Mandate buoni operai alla vostra messe».
2. In ogni nazione, arrivando, si può incominciare l'apostolato e ricavare da esso i mezzi di sussistenza. Con l'apostolato si fa l'apostolato. Esso è il primo e principale mezzo di vita; il secondo è la beneficenza.
Se si è riflessivi, fedeli alla pietà, desiderosi della gloria di Dio e di salvezza delle anime, si inventeranno tante industrie, iniziative, lavori...; si gettano piccoli semi che si svolgono, crescono, portano frutti... Da tali umili inizi nascono altre iniziative, industrie, lavori... finché si avrà una pianta che potrà rassomigliarsi ad un albero piantato lungo la corrente delle acque sorgenti dal Tabernacolo, che darà frutto a suo tempo. Il nostro apostolato ha inesauribili risorse e vie. Dove è chiusa una via, ve ne sono aperte altre.
Bisogna fare apostolato, però; non cose aliene da esso: si finirà sempre col riconoscere che la nostra via è cosparsa di grazie e benedizioni. Senza libri nostri si fa libreria, come vidi i Gesuiti; senza Cristiani vi sono oggetti religiosi che vengono accolti, come in una Casa in cui si fabbricano Corone e Crocifissi; gli stampati a servizio delle Missioni sostentano; senza macchine si fa stampare... Ed uno dei Nostri mi scrive: «Ritardando il permesso di rimanere permanentemente
qui, io cerco vocazioni per le altre nostre Case». Si legga bene la vita di S. Paolo: il Padre indicherà ai figli la strada buona: ciò che Egli ha fatto è buono anche per noi.
Oh! i nostri bravi Religiosi quanti ripieghi e industrie hanno trovato!
3. La cura delle vocazioni e l'amore all'apostolato molto contribuiscono ad una vita pia, ad una convivenza caritatevole, alla serenità di spirito.
Non si pretenda soltanto di venir trattati con carità; ma pratichiamola per primi con gli altri. Spesso il mormorare è un rilevare i difetti nostri. Amare! è vivere in Dio. In Giappone ho sentito da nostri Sacerdoti che quegli abitanti, che sono pagani, stimano uomini di testa piccola coloro che si irritano contro i fanciulli o mormorano degli adulti.