Indice: Generale - Opera | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Giacomo Alberione, SSP
San Paolo - Bollettino SSP

IntraText CT - Lettura del testo
Precedente - Successivo

Clicca qui per attivare i link alle concordanze

- 1c1 -


LASSISMO O RIGORISMO?

          Siamo retti di pensiero, di cuore, di vita: né lassismo, né rigorismo. Ma delicatezza di coscienza, sensibilità spirituale, rettitudine dinnanzi a Dio e agli uomini.

          Si dice da taluni: Oggi ci vuole altra educazione, altro modo di vivere, altra forma di disciplina...

          Rispondo: La santità è e consiste sempre nel vivere Gesù Cristo come è presentato nel Vangelo: Via, Verità e Vita. Il male è sempre nel distaccarsi dal Vangelo, da Gesù Cristo, dagli esempi dei Santi, dalla Teologia.

          La vita religiosa è sempre quella che ha insegnato Gesù Cristo, che propone la Chiesa, che hanno vissuto i Religiosi santi, che è indicata dalle Costituzioni.

          La delicatezza non è rigorismo; il lassismo non è modernità, ma mondanità del cuore.

 

          Comprendiamo bene alcune cose:

          I. La disciplina da esigersi dal fanciullo tiene conto della sua età, della sua incostanza, della sua semplicità, della sua delicatezza, della sua vivacità. La disciplina dell’adulto tiene conto della maggior virtù, dello spirito di responsabilità più sviluppato, delle cognizioni e dell’ufficio di cui l’adulto è in possesso.

          2. Viviamo con i nostri tempi, che hanno più mezzi di santificazione, di formazione, di apostolato, maggiori comunicazioni; ma insieme hanno maggiori pericoli, perché ogni ritrovato viene volto in male dal nemico delle anime. Ai Superiori è necessaria una più larga, attenta, caritatevole vigilanza; specialmente sulle letture, sul cinema, la radio, la televisione, lo sport.

          Non si introducano giochi grossolani o tali che impegnino troppo la mente. La ricreazione sollevi lo spirito, riposi la mente, sviluppi l’organismo specialmente gli organi più vitali: apparato respiratorio, circolatorio, digerente, ecc.

          Non possiamo educare i nostri Aspiranti ad una vita che non sia l’attuale; dobbiamo fare il bene agli uomini attualmente viventi; quindi sempre il Paolino «profert de thesauro suo nova et vetera».

          Vi furono Religiosi che per secoli furono obbligati all’Ufficio Divino in comune, al Coro: tale era, e sussiste ancora, la disciplina religiosa degl’Istituti sorti prima del 1600. Poi nacquero Istituti che si dedicano anche a ministeri di confessioni, predicazioni, scuole, opere caritative, ecc. In tali Istituti i Religiosi possono venir

 

         


- 1c2 -


chiamati in ogni momento, devono adattarsi alle necessità e comodità dei Fedeli. E allora? Furono liberati dal Coro, pur rimanendo obbligati all’Ufficio Divino, ma per un maggior bene, per poter meglio disporre del proprio tempo a pro delle anime, pur attendendo alla propria santificazione come a primo fine della vocazione abbracciata. È la libertà per far meglio, non la libertà per far nulla, o fare il male, o il minor bene. Modernizzare non è corrompere: ma progredire nello spirito religioso e nell’apostolato per salvare gli uomini di oggi.

          3. Vi è una necessità fondamentale ed essenzialissima: la formazione di una coscienza più illuminata, più retta, più profonda, più delicata. E questa tanto più per chi aspira al Sacerdozio, o sarà esposto a pericoli come la propaganda, a maneggiare denaro, ecc.

          Il gravissimo male oggi si è che alcuni (flens dico!) considerano come modernità e progresso l’essere senza scrupoli – come essi dicono – o meglio di coscienza libera, indipendenti o spregiudicati; o il mettersi in occasioni prossime, o comunque non necessarie, di peccato; o la trascuranza dell’esame di coscienza, della meditazione, della Visita al Santissimo Sacramento; o circa la povertà, disponendo del denaro indipendentemente; o il tenere relazioni pericolose, il ricercare comodità e soddisfazioni; vantarsi di uno spirito di indipendenza. Terribili lacci del demonio; dominio della legge della carne; vero spirito mondano, entrato tra i Religiosi.

          Primo lavoro del Religioso è il perfezionamento con lavoro costante di emendazione dai difetti e di conquista della virtù. Secondo lavoro: la fedele osservanza della povertà, della delicatezza in fatto di costumi; la obbedienza interna ed esterna nella nostra vita comune paolina. Mutare è pervertire; essere fedeli è assicurarci quello che Gesù ha promesso: «Centuplum accipietis et vitam aeternam possidebitis».

          Il Religioso Paolino ha poi ancora un’altra necessità, un altro dovere: l’apostolato, anche nella sua parte tecnica. È parte della nostra missione, mezzo di bene, strumento di propagazione del Regno di Dio. Ad esso tutti siamo obbligati, anche se in diversa misura. Si va invece accentuando la tendenza a sganciarci dall’apostolato, a disinteressarsene. Come pure si sfugge la fatica, nobile fatica, di indirizzare in esso i fanciulli, guidandoli all’apprendimento dell’arte tipografica, all’amore, alla stima dell’apostolato nostro, coefficiente della nostra vocazione. S. Paolo non disdegnava il lavoro

 


- 2c1 -


anche manuale, e mostrava i calli delle proprie mani, quando esclamava: Quae mihi opus erant... ministraverunt manus istae (Atti, 20, 34).

          Vi sono: prima, errori di mente; poi, errori di volontà, errori nel parlare, errori nella condotta. Ci si chiude la via della santificazione; dall’educazione si ricavano frutti scarsissimi; non si ha più la grazia di attirare le anime e formare le vocazioni.

          Non si introducano, col pretesto di modernizzarsi, singolarità e abusi nella forma dell’abito religioso. Le Costituzioni, Art. 9 e 10, e il Codice di Diritto Canonico, can. 136, I, sono espliciti al riguardo. Nelle nazioni ove è prescritto l’abito talare, non si porti pastrano o soprabito corto fino al ginocchio; non si vada senza cappello o con cappello uso civile; non si introduca l’uso di portare il cosidetto «basco».

 

          Il progresso di ogni anima, di ogni Casa, dell’Istituto, richiede due cose: 1. la fuga del peccato e delle occasioni di peccato, con un lavoro costante per la emendazione dei difetti; 2. aspirazione decisa, risoluta e fattiva verso la santità.

          Il nostro Maestro è uno solo, Gesù Cristo; non il mondo. Il nostro Padre S. Paolo lo ha seguito con dedizione piena e costante sino alla morte. La nostra Madre è Immacolata e piena di grazia. Guardiamo i santi Religiosi; guardiamo alla Chiesa; guardiamo alla santità canonizzata; guardiamo ai migliori; guardiamo alle Costituzioni.

          Legge fondamentale di Gesù Cristo è la sua parola: «Chi mi vuol seguire rinneghi se stesso, prenda ogni giorno la sua croce e mi segua... E che giova all’uomo guadagnare tutto il mondo, se perde o rovina se stesso? Se uno ha vergogna di me e delle mie parole, di lui il Figlio dell’uomo si vergognerà quando verrà nella gloria sua e del Padre e dei santi Angeli» (Lc. 9, 23-26); o quell’altra, pur tanto grave: «Chi non rinunzia a tutto quello che possiede, non può essere mio discepolo» (Lc. 14, 33).

          Anche il Padre nostro S. Paolo ci dice che saremo eredi di Dio e coeredi di Cristo, «se però soffriamo con lui, per essere con lui glorificati» (Rom. 8,17); ed egli prima di predicare: «Siate miei imitatori come io lo sono di Cristo» (I Cor. 4, 16), aveva potuto scrivere: «Io sono confitto in croce con Cristo» (Gal. 2,19).

          Nell’Istituto non vi è né educazione prima, né educazione seconda. Non vi è né nuova, né vecchia generazione. Non è giusto dire: primo ceppo e secondo ceppo. Neppure vi è una educazione e formazione e santità italiana e un’altra americana, asiatica, ecc. Vi è soltanto una santità sapiente che tiene conto di ogni circostanza di tempo, di luogo, di persone: ma che sempre porta ad amare Dio con tutta la mente, la volontà, il cuore. Il difetto è sempre difetto; la virtù è sempre virtù. Vi è soltanto una vita religiosa secondo che ha insegnato con l’esempio e la parola Gesù Cristo. Egli è l’Istitutore, il Legislatore, l’aiuto, il conforto, il premio del vero Religioso.

          E per chi lo segue con tutto il cuore, «pax super illos et misericordia Dei»: che a tutti auguro e per tutti prego.

          Sac. Alberione

 




Precedente - Successivo

Indice: Generale - Opera | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

IntraText® (V89) Copyright 1996-2007 EuloTech SRL