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Giacomo Alberione, SSP
San Paolo - Bollettino SSP

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Sempre maggior unione...

 

          La Pia Società San Paolo consta di due classi di membri: i Sacerdoti ed i Fratelli (discepoli).

          Ricordare gli articoli 6-7-8-217:

          6. La Pia Società San Paolo è costituita da due classi di membri, chierici e laici, i quali, distinti per divina istituzione, ma associati nell'unità della stessa Società, devono tendere al medesimo fine secondo la propria vocazione, le attitudini e la propria condizione.

          I laici hanno il nome di Discepoli.

          7. I Discepoli devono professare profondo rispetto e osservanza verso i Sacerdoti e, con sincera fede, ritenerli ministri di Gesù Cristo.

          I Sacerdoti devono diligentemente nutrire stima e amore verso i discepoli, come fratelli carissimi associati nel medesimo apostolato. Con grande carità li istruiscano e li dirigano nella perfezione religiosa e nell'esercizio sempre più perfetto delle loro opere di apostolato; procurino ad essi con sollecitudine i mezzi di santificazione e siano ad essi di esempio nella virtù e nelle opere.

          8. Tutti i membri, ciascuno secondo la propria condizione, professano la stessa vita religiosa, sono retti dalle medesime Costituzioni, e devono applicarsi alle opere della Società San Paolo sotto la guida e il governo dei Superiori. I Discepoli non hanno parte alcuna nel governo della Società e nelle elezioni. Riguardo alle opere di apostolato, ossia nel lavoro tecnico e nella propaganda, si può affidare ad essi anche un ufficio direttivo, però sempre e del tutto subordinato.

          217. L'ufficio dell'apostolato della parola divina appartiene primieramente ai Sacerdoti, a cui si associano i Discepoli, come valenti e necessari

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coadiutori soprattutto nell'arte tecnica e nella propaganda; sono infatti chiamati da Dio affinché con la preghiera e il lavoro, secondo la loro condizione e ingegno, siano partecipi delle fatiche e del premio del sacro apostolato.

 

* * *

 

          In primo luogo tanto nel Discepolo come nel Sacerdote si richiede la vocazione religiosa, l'amore alle anime ed all'apostolato, volontà di conoscere e praticare le costituzioni.

 

          Che cosa distingue la vocazione del Discepolo dal Sacerdote?

          Non è la salute, l'ingegno, il superiore... Ma l'inclinazione insieme alle attitudini: è la vocazione in una parola.

          Vi è chi desidera soprattutto scrivere, predicare, confessare, dirigere le anime, amministrare i Sacramenti ecc.: ecco dei segni di vocazione al sacerdozio.

          Vi è chi ama le macchine, il lavoro tecnico, la propaganda ecc.: ecco dei segni di vocazione allo stato del Discepolo.

          Nella Pia Società San Paolo occorrono Discepoli intelligenti ed anche intelligentissimi. Siano di buona salute, socievoli, docili per la particolare vita religiosa e per il loro specifico apostolato.

          È chiaro che per arrivare al sacerdozio occorrono buone promozioni negli studi; e che vi sono tra i Discepoli mansioni in cui basta l'intelligenza per quel determinato ufficio.

          Il Discepolo non è solo un confratello, ma un fratello, che indica di più. È la parola consecrata dalla Chiesa ad indicare che tutti, in religione, si costituisce una famiglia; dove vi è la parità o uguaglianza: Vocantur «Fratres» et sunt. Né uomini di fatica, né servi, né questuanti.

          La parità non è nei poteri, o negli uffici, o nella vocazione.

 

          Quali sono i poteri, gli uffici, la vocazione del Sacerdote?

          Tre diversità rispetto al Discepolo:

A) - Il Sacerdote insegna con la parola viva o scritta per divina istituzione, e a norma del diritto canonico. Il Discepolo o Fratello invece è ammaestrato


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ed istruito dal Sacerdote. Ma qui sta la nobiltà e superiorità dei nostri Fratelli (Discepoli) rispetto a quelli di molti istituti: il Fratello è co-insegnante in modo indivisibile dal Sacerdote per mezzo della stampa. Il Sacerdote scrive il libro, ad esempio, prepara il manoscritto: il Discepolo lo moltiplica per mezzo della tecnica e lo fa arrivare al lettore (stampa); allo spettatore (cinema); all'ascoltatore (radio), ecc. Così il lettore, lo spettatore, l'ascoltatore ricevono quello che appartiene insieme al Sacerdote ed al Discepolo. L'azione è combinata e distinta; ma la combinazione è essenziale nei nostri apostolati; tolta l'una o l'altra, è tolto l'apostolato nostro.

          I1 Sacerdote fa la sua parte quando predica, scrive, prepara la sceneggiatura, la materia di trasmissione. Il Discepolo viene associato a lui per mezzo della tecnica e divulgazione.

 

B) - Il Sacerdote governa e dirige in foro esterno ed in foro interno le anime. Il Discepolo è governato e diretto nella vita religiosa e nella via della perfezione: per divina istituzione ed a norma de1 Diritto Canonico. Praticamente, perché precede con l'esempio di una maggiore santità, osservanza religiosa, delicatezza di coscienza, spirito di preghiera, di povertà, pazienza, obbedienza, carità, ecc.

          Nessuno può sconvolgere ciò che è stato da Gesù Cristo stabilito e nel Diritto Canonico concretato in norme chiare e pratiche; e viene riportato nelle Costituzioni. A1 Discepolo può essere commesso quanto è detto nell'articolo 8: «Circa opera apostolatus, in opere technico scilicet et divulgatione, etiam aliquod munus directivum ipsis committi potest, sed subordinatum omnino».

          Ed in questo è evidente che nella fotografia (rotocalco, offset, ad esempio), nella stampa, nella parte di attore, impressore, il Discepolo può avanzare ogni giorno più; produrre sempre maggiormente; arrivare ad una diffusione sempre più larga.

          Ma ricordare tutti: che il Sacerdote ha la responsabilità di direzione, più o meno alta e più o meno particolareggiata; ed il Discepolo «sub ductu et moderamine superiorum» ha l'immenso bene di camminare sicuramente e fruttuosamente.

          Il Sacerdote è maestro di morale: il Discepolo diviene co-insegnante partecipando al ministero della penna sacerdotale.

          La perfetta dottrina ascetica, morale, sociale di Gesù Cristo viene data nelle edizioni. «Comandi ragionevoli ed obbedienza cieca». Sapienza di direzione e generosa esecuzione daranno risultati di gloria a Dio e largo apostolato. Coordinati assieme, per mezzo della carità: «Charitas Christi urget nos».

 

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C) - Il Sacerdote santifica comunicando la grazia dei Sacramenti che amministra e nella Santa Messa; ed il Discepolo riceve i Sacramenti, assiste alla S. Messa, facendosi, in senso largo, con-offerente. Lo spirito di preghiera, la visita al SS. Sacramento, il raccoglimento, ecc. sono comuni. Alle divine fonti si disseta chiunque acceda; e vi attinge tanta acqua quanto porta di fede e di umiltà: «Haurietis aquas in gaudio de fontibus Salvatoris».

          Il Sacerdote è confessore; il Discepolo penitente.

          I1 Sacerdote è maestro di preghiera, insegnando ed esercitando l'azione liturgica e l'orazione; il Discepolo vi partecipa e ne raccoglie i frutti col Sacerdote.

          Ed ancora: il Discepolo diviene co-insegnante in questa parte: per le edizioni di liturgia, di pietà e di divozioni varie.

 

* * *

 

          I1 Discepolo può raggiungere una santità uguale ed anche superiore, avendo dalle Costituzioni uguali mezzi. Anzi per varie ragioni ha una qualche maggiore facilità: minori responsabilità e minori pericoli; obbligo di pensare solo a se stesso: più facilità di raccoglimento.

          San Giuseppe non fu né Apostolo, né Pontefice, né Sacerdote; e tuttavia nessun dubbio che precede in santità in Paradiso Pietro e Paolo, i Vescovi ed i Sacerdoti.

          La santità risulta di due elementi: odio al male (declina a malo) e compimento della volontà di Dio (fac bonum). Nella vera pietà e nella docilità il Discepolo può possedere in grado altissimo questi due elementi.

          Nella Pia Società San Paolo il Discepolo aggiunge il merito dell'apostolato: «ad eundem finem».

          Come arriverebbe la parola scritta del Sacerdote alle anime senza la divulgazione?

          Anche l'esterno mostri la vera stima che devesi a chi è fratello: l'abito, la mensa, il locale occupato.

 

          In conclusione: Sacerdote e Discepolo uniti sono apostoli, secondo la natura, i mezzi e lo spirito dell'Istituto.

          Separati, invece, il Discepolo diviene un operaio ordinario; il Sacerdote cessa di esercitare l'apostolato-edizioni in senso proprio.

          I1 Discepolo ha tutta la sua nobiltà ed elevazione dall'unione con il Sacerdote e assecondando il Sacerdote.

 

* * *

 

          Estratto di una lettera circolare di D. Rua ai provinciali Salesiani:

 

          «E qui bisogna che vi sveli un pensiero che tutta sconvolge la mia mente, mi strappa abbondanti


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lacrime dagli occhi, ed è una pungentissima spina al mio cuore. Varii Confratelli (Discepoli) attraversato l'oceano, vennero volenterosi in codeste regioni per guadagnare delle anime a Cristo ed invece forse perdettero se stessi. Infatti invano io cerco il loro nome nel catalogo, più non si fa parola di loro nelle vostre interessantissime relazioni: essi non sono più figli di Don Bosco!

          «A loro certamente sono da imputarsi tali defezioni, ed io sono ben lontano da gettare ad altri la colpa. Tuttavia voi mi scuserete se nel mio profondissimo dolore io ho pensato che forse si sarebbero salvati, se nei loro Direttori (Superiori) avessero trovato un padre dello stampo di D. Bosco, il quale colla carità e dolcezza salesiana avesse trovato la via per discendere in quei cuori che stavano per chiudersi alla grazia e cedere alla tentazione. Faccia Iddio che il passato ci serva di lezione per l'avvenire» (24 agosto 1894).

          «Ancora una parola pei nostri Confratelli Coadiutori (Discepoli) e sul modo di accogliere i Confratelli di altre case. Io sento di amare cordialmente in Gesù Cristo i Confratelli Coadiutori, sia perché fra di loro s'incontrano molte anime belle, ricche di virtù tanto più preziose quanto più sono nascoste, capaci di ogni genere di sacrifici. Dobbiamo inoltre riconoscere che molti di loro sono benemeriti della Congregazione avendo essi faticato e continuato a lavorare indefessamente... Vorrei che anche voi tutti portaste loro un affetto veramente fraterno, e che lo manifestaste trattandoli con tutta bontà, ascoltandoli quando vi rivelano le loro pene, mostrandovi premurosi della loro santità e provvedendo ai loro bisogni. Conviene che coi fatti e non solo con le parole dimostriamo di tenerli quali nostri veri fratelli. Mi scese al fondo del cuore come uno strale la lagnanza udita qualche volta dai coadiutori, che essi non sono considerati quali fratelli, ma quali servitori. Evitare perciò qualunque cosa possa dar loro pretesto di pensare così».

         




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