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Giacomo Alberione, SSP San Paolo - Bollettino SSP IntraText CT - Lettura del testo |
NOBILITA’ DEL LAVORO
Inferiorità? Non è quella dell'operaio, o del religioso che «elegit sibi partem optimam»; ma quella dell'ozioso, anche se «vestisse porpora e bisso e banchettasse ogni giorno splendidamente». L'inferiorità c'è quando vi è l'ozio, la pigrizia, l'accidia, l'indifferenza, la tiepidezza, il «nihil agentes».
Il cristianesimo è la religione che eleva l'uomo. Nella concezione generale degli antichi il lavoro, specialmente manuale, era considerato con disprezzo, come indizio di inferiorità; perciò i domini (i liberi), e le res o instrumenta (schiavi). Concetti di Platone, Aristotele, Senofonte, e persino di Cicerone.
Il cristianesimo rivoluzionò la mentalità comune e riabilitò il lavoro. Tutto il Vangelo si muove nel mondo del lavoro. Tutti ne hanno il dovere, nessuno anche se ricco è dispensato: la parabola dei talenti lo dimostra; il lavoro è anche mezzo di sussistenza cui va corrisposto un giusto salario (Matt. X, 10); il lavoro è mezzo di elevazione e di riscatto (Giov. VI, 27).
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Il Padre Celeste, avendo pietà dell'umanità errante, volle restaurare tutto in Cristo. Questi cominciò dalla famiglia e dal lavoro.
Il mistero di Cristo-operaio ci sembra più profondo del mistero della Passione e Morte. Tanti anni al banco di falegname! «Nonne hic est fabri filius?». «Nonne hic est faber?». Il sudore della sua fronte a Nazareth non era meno redentivo che il sudore di sangue nel Getsemani.
Quello che Gesù fece è insegnamento più chiaro di quanto Egli predicò.