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Giacomo Alberione, SSP San Paolo - Bollettino SSP IntraText CT - Lettura del testo |
SAN PAOLO APOSTOLO
S. Paolo scrive ai
Tessalonicesi: «Quando eravamo presso di voi vi davamo questo precetto: Chi non
vuole lavorare non mangi. Ma ora sentiamo dire che alcuni di voi si comportano
disordinatamente, facendo nulla. Ora a costoro
noi prescriviamo ed esortiamo nel Signore Nostro Gesù Cristo che mangino il loro pane lavorando tranquillamente» (II Tess. III, 7-13). «Lavoriamo faticando con le nostre mani» (I Cor. IV, 12). Egli fu un grande lavoratore. Egli insiste più volte a dire che quanto occorreva a lui ed ai suoi compagni di predicazione «ministraverunt me manus istae», lavorando anche di notte nell'arte appresa in gioventù. Dice di sé: «in plagis... in laboribus, in vigiliis...» (II Cor. VI, 5). Egli è il più felice interprete ed imitatore di Gesù Cristo; anche in questa parte la sua vita è in Cristo: «Mihi vivere Christus est».
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Il lavoro del Paolino (Sacerdote o Discepolo) ha una caratteristica: Gesù-Operaio lavorando produceva povere cose; S. Paolo produceva stuoie militari dette cilici; invece il Paolino esercita un diretto apostolato, dando con il lavoro la verità, compiendo un ufficio di predicazione, divenuto missione e approvato dalla Chiesa. S. Paolo infatti loda «maxime qui laborat in verbo et doctrina» (I Tim. V, 17).
Il lavoro è redentivo per i fratelli; ma redime pure lo stesso lavoratore; carcerati che si sono redenti lavorando durante la prigionia; e carcerati che nell'ozio hanno imparato e meditato altri crimini.
Il lavoro ci avvicina a Dio, il quale è atto puro, infinito ed eterno. Quanto più l'uomo passa dalla potenza all'atto, tanto più imita Dio. E quanto più potenze mette in attività rettamente, tanto meglio corrisponde al volere di Dio che le ha date, tanto meglio serve il Signore: amerai il Signore con tutta la mente, le forze, il cuore; anche le forze fisiche sono comprese. È, dunque, il lavoro parte del primo e principale comandamento.
Vi è il martirio per la fede; vi è il martirio per la carità. Ora il lavoro di apostolato è esercizio di carità, come lo è quello del confessore: «sono martiri anche quelli che confessano gli uomini innanzi a Dio» (S. Francesco di Sales). Forze vergini consumate per dare la verità alle anime, meritano la corona del vergine, del martire; e l'aureola del dottore. È offrire il nostro corpo a Dio. Nel senso di S. Paolo (Rom. XII, 1): «Io vi esorto, o fratelli, per la misericordia di Dio ad offrire i vostri corpi in sacrificio vivente, santo, gradito a Dio, ciò che è il ragionevole vostro culto».