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Giacomo Alberione, SSP
San Paolo - Bollettino SSP

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II. La Via che dobbiamo tenere.

          In doppio senso l’umanità avrà accesso al Padre ed al cielo: In quanto ogni adorazione, speranza, ringraziamento, soddisfazione, supplica ha valore se passa per Gesù Cristo; passaggio obbligatorio e mediatore tra Dio e l’uomo. Questo specialmente si sente nella S. Messa e nei sacramenti: la Chiesa prega sempre «Per


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          Christum Dominum nostrum».

          In secondo luogo: in quanto Gesù Cristo è nostro modello da imitare, precettore da seguire. Dall’incarnazione, nascita, vita nascosta, vita pubblica, vita dolorosa, vita gloriosa, vita eucaristica: in tutto è esempio perfettissimo di ogni virtù.

          L’umanità aveva perduto la strada del cielo; Gesù Cristo si fece via e disse: «Venite post me», «Discite a me...», «exemplum dedi vobis...».

          Esempio adattato al tempo natalizio: contempliamo Gesù nel presepio, dove apre la prima scuola, ben più importante di ogni università di questo mondo. Grande scuola per la dignità di Chi vi insegna, per il modo di insegnare, per la materia che tratta, per la grazia che accompagna il suo insegnamento, per la moltitudine di uomini che vi invita, di ogni tempo e di ogni condizione.

          L’uomo è profondamente colpito dal peccato originale, ma questo Maestro non distrugge ciò che Dio aveva fatto bene, invece ne sana le ferite: «Non spegne la lucerna fumigante, né rompe la canna già incrinata». Nell’uomo vi sono tre concupiscenze che lo fanno deviare dalla via del cielo: «Omne quod est in mundo concupiscentia carnis, concupiscentia oculorum, superbia vitae». Gesù insegnò, e nel presepio diede l’esempio, come governare e soprannaturalizzare le passioni della superbia, dell’avarizia e della sensualità.

          Si è fatto bambino, bisognoso di tutto, Egli ch’era Dio! Sopporta il rifiuto dei betlemiti, fugge in Egitto come incapace di difendersi: ecco l’umiltà. Se l’uomo è orgoglioso, impari ad acquistare da questo Maestro l’amore alla vera eterna gloria, alla nobiltà più alta che è la santificazione: «qui se humiliat exaltabitur»; si umilii obbedendo sempre: «propter quod exaltavit illum».

          Si è fatto povero: una grotta, una mangiatoia, un po' di paglia, dei poveri pastori... Se volete essere ricchi «veras divitias amate»; ricchezze eterne «thesaurizate vobis thesaurum in coelis».

          Mortificò se stesso in tutto: il freddo della stagione, il penoso viaggio in Egitto, le povere coperte, i luoghi disagevoli... Volle insegnare la mortificazione dei sensi, occhi, gusto, pigrizia, gola, tatto, cuore. Il corpo mortificato, tenuto a freno, assoggettato allo spirito, risorgerà glorioso. Amare davvero il corpo procurandogli una risurrezione felice: impassibilità, immortalità, splendore, agilità, leggerezza... per l’eternità.

          Ciò che il Divin Maestro insegna nel presepio lo insegna pure tutta la vita con l’esempio e le parole.

          Chiedere al Divin Maestro la grazia:

 


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di imitarlo in ogni cosa: specialmente nella povertà, castità, obbedienza, carità; tanto più noi religiosi.

          Impegnarci ad educare bene i nostri con la parola e l’esempio. Leggere l’enciclica «Illius Divini Magistri». Curare l’istruzione, l’assistenza, la correzione, secondo faceva Gesù con gli Apostoli.

 




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