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Giacomo Alberione, SSP
Apostolato dell’edizione

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Opera di difesa

Anche ai nostri tempi nei quali vi sono, in ogni condizione, anime assetate di raccoglimento, di preghiera, di vita intima, accade di trovare


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forme di pensiero e di vita che sono in antitesi con l’ascetismo cristiano.

Spesso si ha una falsa concezione di tale ascetismo; una pagana concezione delle energie e dei godimenti materiali, a scapito dei valori superiori dello spirito e dei ben più nobili e intensi godimenti che essi ci offrono. Concezioni che s’insinuano specialmente nella gioventù e creano una mentalità pagana che sembra benefica esaltazione della vita, ma che in realtà la deturpa, quando non è foriera di rovine e di morte.

Sorgono allora accuse contro il principio ascetico-mistico cristiano e i suoi più insigni modelli, i santi. La spiritualità, si dice, è un’ipocrisia, rinnega la vita, rende malinconici, sciupa la salute, violenta la natura, danneggia lo Stato, distrugge la Società...

A queste e a simili obiezioni, che sono talora vere accuse, è necessario rispondere con argomenti validi ed energici che, pur variando con le circostanze, devono sempre esporre e difendere la dottrina e la pratica della spiritualità cristiana.

La ragione, poggiata alla filosofia, alla scienza, illuminata dall’esperienza e in modo particolare dalla fede, suggerirà a tempo e a luogo argomenti validi e persuasivi.

Si può, del resto, rispondere a gran parte


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delle accuse e delle obiezioni ampliando e ribadendo, secondo le necessità, i seguenti principi cattolici: «L’ascetismo cristiano, praticato secondo le proprie condizioni di vita e liberamente esercitato per ottenere il dominio di sé e il retto uso dei beni materiali, potenzia mirabilmente la stirpe ed è fonte di ineffabile soddisfazione per l’individuo, di benessere per le famiglie, di prosperità per le nazioni. Esso è frutto di un sentimento religioso ben radicato nell’anima, che diffonde un senso sacro della vita, e induce al rispetto del corpo, considerato nel nobilissimo riflesso di strumento dell’anima, capolavoro della natura organica vivente, tempio di Dio, che nell’uomo giusto e onesto inabita con la grazia.

«Da tal sentimento nasce quel senso di pudore che non è affatto un’ipocrisia, una superstruttura artificiosa e convenzionale, ma una salda difesa contro le seduzioni del male, il bell’ornamento della persona, così com’è spontanea e necessaria manifestazione dell’uomo moralmente sano, che lotta per ottenere in sé il primato dello spirito sulla materia».1




1  Cavassa, Ascetismo cristiano e vita moderna.






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