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Giacomo Alberione, SSP Ut Perfectus sit Homo Dei IntraText CT - Lettura del testo |
2. L’adunata di un mese ad Ariccia
Il presente volume, unico, è composto delle 50 istruzioni di Don Alberione, precedute da una introduzione, anch’essa autografa,2 e di una conclusione con l’indirizzo del Primo Maestro a papa Giovanni XXIII e della risposta del Papa a tutti i partecipanti.
UPS I-IV (1960-1962) conteneva molto più materiale, come le 54 meditazioni (dettate a turno da Don Giovanni Roatta, Don Desiderio Costa, Don Pierino Marazza, Don Stefano Lamera e Don Guido Paganini) e le “circa 18 conferenze” a carattere pratico, tenute anch’esse da vari conferenzieri, tutti paolini.
L’“adunata” del 1960 era stata preparata bene e per tempo.3
Un
programma, vicino a quello definitivo, era apparso sul San Paolo del febbraio 1959.4 Allora già si parlava del «corso
speciale di Esercizi Ss., per una più perfetta vita paolina, segnata nelle
Costituzioni». Si sarebbe trattato di «giorni di preghiera e di aggiornamento,
allo scopo di vivere lo spirito genuino paolino». Su quello stesso numero del San Paolo si chiariva inoltre che
«l’aggiornamento riguarda la pratica delle Costituzioni nelle circostanze della
vita, di luoghi, di tempo; in relazione ed attuazione degli apostolati». Il
Primo Maestro era allora preoccupato del pericolo di venire frainteso
sull’“aggiornamento”. Spiegava infatti subito che «la Famiglia Paolina si è completata ora; non ha da aggiornarsi al modo di benemeriti Istituti esistenti da vari secoli». In grassetto evidenziava la frase: «Non è da aggiornare l’Istituto ai tempi, perché piuttosto li precede; ma da aggiornare noi stessi all’Istituto, in conoscenza, amore, vita, apostolato».
L’Istituto era la Società San Paolo, ma inserita nell’intera Famiglia Paolina: «Aggiornamento – dunque – nell’approfondimento della vocazione specifica, nella piena conoscenza della famiglia paolina (sic, minuscolo) completata... Infatti piacque al Signore di completare la Famiglia Paolina, secondo la sua grazia, sapienza, e secondo il disegno con cui è nata».
I principali punti da svolgere erano le “quattro parti” o le “quattro ruote” del carro: a) vita spirituale; b) studio; c) apostolato (redazione, tecnica, propaganda); d) povertà.
Tra gli argomenti per i tempi liberi erano incluse le relazioni interne, esterne e quelle “tra le Famiglie Paoline”, cioè tra congregazioni e istituti e con la Società San Paolo. Il governo, come argomento importante e a sé stante, doveva venir bene articolato in nove punti.
Anche il San Paolo dell’aprile-maggio 1959 5 fu praticamente dedicato per intero all’“adunata aprile 1960. Corso speciale di Esercizi Ss.”, «per rafforzare meglio la pedana di lancio; per prendere meglio quota; per rinvigorire le forze; per stabilire definitivamente la vita in Gesù Cristo Via, Verità e Vita; per l’ibi fixa sint corda ubi vera sunt gaudia; per procedere sotto la protezione della Regina Apostolorum; per camminare sopra la strada di S. Paolo in santità e apostolato».
Don Alberione motivava quel programma con un presentimento di morte: «Io sto all’epilogo della vita; in preparazione prossima alla morte; consummatum est». Esortava pertanto la Società San Paolo sparsa per il mondo con un augurio: «A voi, in generale, ancora lunga è la strada: lo auguro e prego: sino al cursum consummavi paolino».
Il corso di Esercizi sarebbe stato
una specie di resoconto “finale” del cammino fatto fino allora dalla intera
Congregazione, con il Primo Maestro a 76 anni di età, ma ancora pienamente presente, alla guida della Congregazione e dell’intera Famiglia Paolina. Le intenzioni erano chiare: l’adunata – voluta come “pausa” in risposta all’evangelico “requiescite pusillum” ad Ariccia, «in una casa, tutta e sola per gli Esercizi Ss.»,6 – sarebbe stata l’occasione giusta per raccogliere, precisare e sviluppare i vari elementi carismatici che dagli inizi erano venuti strutturando soprattutto la Società San Paolo, per confluire finalmente nelle sue Costituzioni 7 del 1957.8
Il
corso “straordinario”, primo della serie dei tre previsti e da distribuire
entro il 1960, 1962 e 1964 per permettere a tutti i Sacerdoti e i Discepoli
paolini di parteciparvi e intervenirvi,9 può essere considerato un’eredità
carismatica alla
quale i Paolini, della prima ora e quelli che sarebbero succeduti, dovevano “aggiornare” la vita per poter progredire senza ripensamenti lungo la via intrapresa.
Ancora il San Paolo dell’aprile-maggio 1959 iniziava con le parole: «Si è camminato assai nel corso dei 45 anni (1914-1959)» (CISP 190). Più avanti, però, Don Alberione chiariva che era ormai necessario camminare assieme, nello stesso spirito, e non solo più come Società San Paolo ma come famiglia ingrandita. Il corso si proponeva, infatti, come “altro scopo”, «l’aggiornamento dei membri alla Congregazione ed alla Famiglia Paolina; e come il testamento spirituale, conclusivo della missione che mi impose il Signore».
A camminare insieme si impara andando avanti e non indietro. Infatti «il Signore accende le lampadine, in avanti, man mano che si cammina ed occorre: non le accende tutte, subito, all’inizio, quando ancora non occorrono; non spreca la luce; ma le dà sempre a tempore opportuno».
Da un libretto-guida – Raduno Paolino, Aprile 1960, Casa degli Esercizi 1960 – che era nelle mani dei partecipanti, si apprende l’elenco dei partecipanti “al corso speciale”, provenienti sia dall’Italia,10 la maggioranza, che dall’estero.11 Dall’Italia i partecipanti previsti erano 77, di cui 21 Discepoli e il resto Sacerdoti. Dall’estero, per la maggior parte anch’essi italiani, dovevano essere 59, di cui 11 Discepoli e gli altri Sacerdoti.
Questo grande numero (125-126)12 di presenti ad Ariccia,
a scuola dal Primo Maestro e da altri membri esperti di cose paoline, è un altro indicatore della importanza di questo raduno.
La giornata era strutturata in modo “spirituale” come quella tipica di un corso di Esercizi. La levata suonava alle 5,30 e alle 6,00 si iniziavano le preghiere seguite da una prima meditazione. Dalle 7,00 alle 8,30 si celebravano, individualmente, le Messe lette, mentre alle 9,00 partecipavano tutti alla Messa solenne, seguita dalla prima istruzione del Primo Maestro e da riflessioni personali. Alle 11,30 iniziava l’ora di Visita, in comune, e alle 12,30 si andava a pranzo. Alle 15,30 ancora il Primo Maestro dettava la seconda istruzione, seguita dai riflessi e dal caffè. Alle 17,00 si celebrava la Via Crucis nel parco; e alle 18,30 si recitava il Rosario, seguito da una seconda meditazione. Alle 19,30 era impartita la benedizione eucaristica preceduta da preghiere e canti paolini. Seguiva la cena. Durante la seconda, terza e quarta settimana, la Visita era anticipata di mezz’ora per fare spazio, alle 12,00, ad una conferenza di un’ora, mezz’ora di esposizione e mezz’ora di dibattito. Il pranzo veniva spostato alle 13,00 e il resto dell’orario rimaneva per lo più invariato. Le Domeniche erano libere. La stessa celebrazione del Triduo Pasquale apportò variazioni di orario minori all’intenso programma di lavoro e preghiera. Il tempo per la recita dell’Ufficio Divino era lasciato alla libera scelta di ognuno. Durante la prima settimana (1-9 aprile) il silenzio era assoluto, come si esigeva per gli ordinari otto giorni di Esercizi spirituali. Nelle successive tre settimane si poteva anche parlare (o “mormorare”), ma solo dopopranzo, e moderate, submissa voce. Durante i pasti si ascoltava invece la lettura della Bibbia. Per l’immediato dopopranzo era raccomandata una visitina al Tabernacolo con la recita del Pange lingua.
Anche questa suddivisione del tempo, mentre fa fede di come pensava, agiva ed esigeva allora Don Alberione dai suoi, può suggerire una chiave di interpretazione – o di attualizzazione – delle varie istruzioni raccolte in questo volume.