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Giacomo Alberione, SSP
Ut Perfectus sit Homo Dei

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“Ho sentito la mano di Dio”

     È utile ricordare qualche particolarità riguardante la nostra carissima Congregazione. Mi trovo vicino alla conclusione della vita, e non mi faccio illusioni; e parlo dinanzi a voi, Fratelli qualificati e di molti meriti.


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     Per tutto quanto riguarda l’istituzione delle singole parti della Famiglia Paolina, feci ogni passo guidato dall’obbedienza: l’inizio, lo sviluppo, lo spirito, l’espansione, l’apostolato.

     In cosa di così grande responsabilità sono stati necessari tre elementi: l’ispirazione divina ben accertata, il consiglio del Direttore spirituale, la dipendenza dai legittimi Superiori.

     Sono le vie che la Chiesa insegna e mette a nostra disposizione «ne in vanum currerem aut cucurrissem».11 Furono seguite queste vie esaurientemente, servendomi dei lumi degli uomini più istruiti, pii, responsabili.

     Ho sentito la mano di Dio; mano paterna e sapiente, nonostante le innumerevoli insufficienze, per le quali recito con piena fiducia nell’offerta dell’Ostia: «pro innumerabilibus peccatis, offensionibus et negligentiis meis».12 Le case sorsero e crebbero quasi spontaneamente, sulla traccia di quanto mi insegnarono e disposero e diedero a fare i Superiori dal 1900 13 in avanti. Il Can. Chiesa 14 ebbe parte notevole; dopo il suo passaggio all’eterno riposo, mi trovai avviato sotto la direzione di un venerando Padre di Torino, che prestò anche altri aiuti alla Congregazione.15

     Le belle vocazioni mandate dal Signore sono state e continuano ad essere tante; sono le prove esterne del compiacimento divino. Il segno del fervore in una casa è sempre il fiorire di vocazioni; poiché la vocazione e la sua riuscita sono frutto di esuberante spiritualità; diversamente si arriva soltanto a dare cristiani; e questi ancora più o meno buoni.

     Ciò che poi rende indiscutibile e sicurissimo il volere


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divino è il sigillo della Chiesa: l’approvazione definitiva, per cui la Congregazione diventa iuris pontificii,16 dopo tutte le prove e pratiche consuete e anche speciali.

     Nell’approvazione, infatti, vi è stata una particolarità, come un’eccezione. La via ordinaria è questa: vien fatta all’Ordinario della diocesi la domanda di erezione in Istituto religioso iuris diœcesani;17 l’Ordinario chiede alla Santa Sede il nulla osta per l’erezione; la Congregazione dei Religiosi esamina, concede o nega tale facoltà al Vescovo, dopo prese le informazioni ed esaminata, sotto ogni aspetto, la convenienza dell’Istituto. Per la Pia Società S. Paolo, considerata la novità particolare ed inconsueta dell’Istituto, della sua natura ed apostolato, la Congregazione dei Religiosi decise presentare ogni cosa al Papa, lasciando a lui ogni responsabilità in cosa di così singolare novità, importanza e conseguenze.

     Passò del tempo. Perché questa perplessità? Mi fu detto: «Una Congregazione di vita comune che voglia compiere questi apostolati troverebbe tante difficoltà e richiederebbe membri di ottimo spirito e qualità...». Ed il grande Papa Pio XI, aperto a tutti i bisogni dei tempi, approvò; e si ebbe l’approvazione diocesana. Ugualmente si svolsero le pratiche per l’approvazione pontificia; di nuovo fu il Papa che volle l’Istituto. Così la Congregazione è nata direttamente dal Papa.




11 «Per non trovarmi nel rischio di correre o aver corso invano» (Ga 2,2).



12 «Per i miei innumerevoli peccati, offese e negligenze» (cf. Missale Romanum, Ordo Missæ: «Suscipe...»).



13 Nel 1900, il 7 aprile, Giacomo Alberione, senza terminare il quinto corso ginnasiale, aveva lasciato il seminario arcivescovile minore di Bra, ed era ritornato alla Cascina Agricola nella pianura di Cherasco, nella diocesi di Alba. L’anno 1900 era stato promulgato come Anno Santo da Leone XIII con la bolla Properante ad exitum (dell’11 maggio). Un apposito Comitato internazionale aveva chiesto al Papa di permettere che la notte che vedeva chiudersi il secolo XIX ed iniziare il XX, potesse essere solennizzata con qualche opportuno atto di pubblico culto e specialmente con la celebrazione della Messa. Il Papa aveva accolto la richiesta, allargando le concessioni non solo per la notte tra il 31 dicembre 1900 e il 1 gennaio 1901, ma anche per la notte tra il 31 dicembre 1899 e il 1 gennaio 1900. La “notte” di luce a cui Don Alberione si riferirà in Abundantes Divitiæ (n. 13-22) non fu quella del primo giorno del gennaio 1900. Di questa non c’è eco nelle memorie di Alberione che allora era ancora seminarista a Bra. Vasta ripercussione invece ebbe per lui la funzione celebrata un anno dopo, il 1 gennaio 1901, nel duomo di Alba, ed alla quale egli partecipò come alunno del seminario di Alba, dov’era entrato nell’ottobre del 1900, a meno di 17 anni di età. In Duomo, la funzione si svolse così: la popolazione venne preparata con un corso di predicazione e con le Quarant’Ore; verso la mezzanotte del 31 dicembre 1900, nel duomo e nelle chiese della diocesi che avevano i requisiti per solennizzare la funzione, si fece l’esposizione del Ss. Sacramento, si cantò il Te Deum, e si diede inizio alla celebrazione della Messa solenne. Al Vangelo, discorso di circostanza, sul tema indicato dal Papa Leone XIII nella sua lettera enciclica Tametsi futura prospicientibus (del 1 novembre 1900). Dopo la Messa e la Comunione generale continuò l’adorazione al Ss. Sacramento, da parte degli uomini, fino alle ore sei del mattino, quando cominciavano a svolgersi nelle parrocchie le funzioni solite del giorno festivo della Circoncisione di nostro Signore. – Ad Alba Alberione restò dal 1900 al 1936. Studiò nel seminario di Alba dal 1900 al 1907; vi lavorò come Direttore spirituale e come Professore dal 1908 al 1920.



14 Francesco Chiesa (1874-1946) era laureato in filosofia, diritto civile ed ecclesiastico e teologia. Insegnò filosofia al giovane Alberione dall’ottobre del 1900 al giugno del 1902. Fu canonico dal 27-8-1913; parroco dal 21-9-1913. È Venerabile dall’11 dicembre 1987.



15 Si tratta di Fra Domenico da Ovada, ofm. cap., al secolo Daniele Beccaria (1882-1961), notevole personalità della Provincia Cappuccina Piemontese. Ordinato sacerdote nel 1904, ricoperse varie mansioni – come Precettore, Guardiano, Professore di Filosofia, Definitore, Vicario e Provinciale –, abitando successivamente in località familiari a Don Alberione: Bra, Busca, Sommariva Bosco, Villafranca, Fossano, Racconigi, Torino (Monte dei Cappuccini). – Nei primi mesi del 1938 visitò le Missioni cappuccine in Africa Orientale Italiana (stazioni Arussi e Addis Abeba) e il 21 aprile di quell’anno partecipò ufficialmente, a Piovà d’Asti, alle solenni celebrazioni per il 50° della morte del Cardinal Guglielmo Massaja. – A tali celebrazioni la Famiglia Paolina contribuì con la produzione del film Abuna Messias (Premio Coppa Volpi a Venezia), e fu probabilmente in quella occasione che il “venerando Padre” offerse alla Società San Paolo gli “altri aiuti” di cui si parla, consistenti in una fraterna assistenza di consigli e di prestiti economici. – Ma il merito principale di Fra Domenico da Ovada risiede, per i Paolini, nel fatto che egli fu consigliere e direttore spirituale di Don Alberione dal 1946 al 1961. Tale funzione fu ricordata nel necrologio del benemerito Cappuccino, pubblicato sul periodico Sentiero francescano in occasione della sua morte, in cui leggiamo: «Era in relazione spirituale con il Fondatore della Pia Società San Paolo, D. Alberione, il quale ogni qualvolta veniva a Torino lo mandava a prendere o saliva al Monte a trovarlo. Lo visitò all’Ospedale delle Molinette e pochi giorni prima della morte fu ancora a visitarlo al Monte, rimanendo da solo con lui per alcuni momenti, gli ultimi».



16 «Di diritto pontificio».



17 «Di diritto diocesano».






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