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Giacomo Alberione, SSP Ut Perfectus sit Homo Dei IntraText CT - Lettura del testo |
Unione e unità
Un compito fondamentale di questo corso di Esercizi è l’unione e l’unità: conoscerla, sentirla, viverla.
Non vi è la vera vita comune, sebbene si viva assieme: in albergo, in collegio, in pensionato, in ricovero, in carcere, in caserma, ecc.
Perché non vi è unità di fine, di pensiero, di cuori: ognuno si trova in tali luoghi per ragione o necessità speciale, temporanea, di passaggio, per fine proprio; non vi è un dovere di obbedienza derivato da voti.
Invece la vita comune, in senso religioso, dipende dalla natura di società, si chiami congregazione, istituto, famiglia religiosa: si tratta sempre di associazione di persone che vogliono aiutarsi a conseguire la santità.
Vi è perciò un fine soprannaturale, da raggiungersi aiutandosi, sotto la guida di un’autorità, viribus unitis,4 in un ordine stabilito dalle Costituzioni, dagli orari, occupazioni, uffici, ecc., determinati dal Superiore.
Vi è perciò unione di pensieri, di cuori, di opere, di preghiere.
Richiede un impegno ed emulazione nel progresso spirituale.
Vita comune, che si mostra assai nell’assistenza per la vecchiaia, malattie, morte, suffragi.
È un organismo, non un meccanismo; ma la persona serve al tutto, e tutto serve ad ognuno.
La personalità non è compressa; anzi, si sviluppa e si eleva per i nuovi elementi sociali e soprannaturali.
Lo stato di perfezione importa una certa vita comune. Qui la si considera non già sotto tutti gli aspetti «comunitari», ma nel senso particolare che le vien dato quando se ne fa un elemento costitutivo dello stato di perfezione. La Chiesa vuol così indicare pubblicamente l’importanza della comunità per l’opera della santità cristiana.