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Giacomo Alberione, SSP
Ut Perfectus sit Homo Dei

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“La mano di Dio sopra di me”

     La mano di Dio sopra di me,10 dal 1900 al 1960.11 La volontà del Signore si è compita, nonostante la miseria di chi doveva esserne lo strumento indegno ed inetto. Dal Tabernacolo: la luce, la grazia, i richiami, la forza, le vocazioni: in partenza e nel cammino. Vi è qualcosa nel Mi protendo in avanti:12 ma la carta porta ciò che si scrive. D’altra parte ogni Sacerdote va incontro a due giudizi: quello degli uomini e quello di Dio. Per quest’ultimo, che è l’unico che veramente conta, prego tutti ad ottenermi in tempo la misericordia del Signore, a cui nel «nobis quoque peccatoribus» della Messa diciamo «non æstimator meriti, sed veniæ quæsumus, largitor admitte»13 nel consorzio dei santi.

     «Sento la gravità, innanzi a Dio e agli uomini, della missione affidatami dal Signore; il quale se avesse trovata persona più indegna ed incapace l’avrebbe preferita. Questo tuttavia è per me e per tutti garanzia che il Signore ha voluto ed ha fatto fare Lui; così come l’artista prende qualsiasi pennello, da pochi soldi e cieco circa l’opera da eseguirsi, fosse pure un bel Divin Maestro Gesù Cristo.

     Siamo fondati sulla Chiesa ed il Vicario di Gesù Cristo e questa convinzione ispira sicurezza, letizia, coraggio».

     Comunque sia: Don Alberione è lo strumento eletto da Dio per questa missione, per cui ha operato per Dio e secondo l’ispirazione ed il volere di Dio; e perché tutto fu approvato dalla maggior Autorità che esiste


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sulla terra, fu seguito finora da tante anime generose. E per il futuro? Risponde il P. Colin: «Quando è stato approvato un istituto con le sue regole il Superiore o Fondatore (cattiva espressione) deve venir obbedito e deve esigerlo».

     Invece Don Giuseppe Giacomo, come individuo, si presenterà al giudizio di Dio con le enormi responsabilità incontrate nella vita.

     È piaciuto al Signore che ancora mi trovassi nella condizione di salute e possibilità di poter completare la Famiglia Paolina con i tre Istituti Secolari iniziati dopo il Capitolo Generale del 1957, che stanno compiendo buoni passi: Aspiranti, Novizi, Professi.

     Sempre iniziata la nostra vita in Gesù Cristo e come Gesù Cristo nel presepio: «Gloria in excelsis Deo et in terra pax hominibus bonæ voluntatis». Posso accertare tutti che tutto, solo, sempre è stato fatto con la luce del Tabernacolo ed in obbedienza; le approvazioni poi della Chiesa ci assicurano che le istituzioni sono buone e possono portare alla santità e sono conformi ai bisogni dei tempi.




10 Espressione significativa di una speciale assistenza da parte di Dio, ricorrente nei profeti e nei salmi; frequente in Ezechiele (da 1,3 in avanti). In Don Alberione indica consapevolezza della sua vocazione carismatica.



11 Per una storia personale di Don Alberione almeno fino agli Anni ’50, cf. anche Sac. Giacomo Alberione, Abundantes divitiæ gratiæ suæ. Storia carismatica della Famiglia Paolina. Ed. e note illustrative a cura del Sac. Giuseppe Barbero ssp. [Roma] Edizioni Paoline, 1971, 164 p., 19,5 cm. (ed. rilegata). Corrisponde al volumetto Io sono con voi. Degli appunti originali giunsero a noi due redazioni successive: una manoscritta e l’altra dattilografata. Il volumetto Io sono con voi riproduceva questa seconda, ma si trattava di un’edizione «affrettata e molto difettosa» afferma don Barbero (Presentazione, p. 7). Il titolo, che è una chiave di lettura del volumetto, è una espressione di San Paolo (Ef 2,7). – Di Abundantes divitiæ è stata pubblicata una ulteriore edizione critica e ampliata, a cura di E. Pasotti e L. Giovannini, E.P. 1985, 272 p.



12 Per questa espressione paolina cf. Fil 3,13-16. Per il libro vedi invece: AA. VV., Mi protendo in avanti. Ed. Paoline 1954; 571 p. + tav., 24 cm. Il libro è stato pubblicato per commemorare i 40 anni della fondazione dell’Istituto Pia Società San Paolo e i 70 anni del Fondatore. [I brani inediti – eccetto i primi tre – si trovano nell’articolo di don Federico Muzzarelli, «Ad pedes Petri», pp. 493-566]. – A p. 106: In uno scritto al vescovo d’Alba, don Alberione riassume le tappe della sua fondazione (23.11.1921); – p. 121: Relazione alla S. Sede sull’emissione dei primi voti e sulla costituzione della Pia Soc. San Paolo (23.11.1921) (cf. G. Rocca, La formazione della Pia Soc. S. Paolo, doc. n. 31, p. 568s); – p. 138s: Lettera programmatica inviata ai primi due missionari paolini, don Saverio Boano e don Benedetto Trosso, partiti per l’America del Sud (Alba, 4.8.1931); – p. 408-410: La Prima Maestra (Tecla Merlo) (cf. Abundantes divitiæ 1985, p. 159-162); – p. 504s: Lettera al card. Laurenti sullo scopo della PSSP (Senza data. Cf. Rocca, o.c. n. 42, p. 591s); – p. 506ss: Lettera, con fogli allegati, inviata alla Congregazione dei Religiosi, sulla natura della PSSP (14.1.1923); – p. 509: Dichiarazione circa i beni della PSSP (26.1.1923); – p. 513: Tre lettere a don Timoteo Giaccardo, che da Roma seguiva le pratiche per l’approvazione dell’Istituto (14, 18, e 26 aprile 1926); – p. 514s: Una supplica indirizzata al S. Padre per ottenere l’approvazione dell’Istituto (10.5.1926); – p. 518: Formula di Professione e verbale di erezione della PSSP (13 e 14.3.1927); – p. 521s: Abbozzo di regolamento delle Figlie [di S. Paolo] (1916); – p. 522: Relazione alla S. Sede sul trasferimento a Susa di una parte delle Figlie [di S. Paolo] (31.12.1921); – p. 533: Lettera a mons. Ermenegildo Pasetto, nuovo Segretario della Congregazione dei Religiosi (29.12.1935); – p. 545: Lettera a mons. Pasetto riguardo le Pie Discepole (27.8.1946); – p. 547: Lettera al S. Padre sulle Pie Discepole (22.2.1947); – p. 553s: Lettera al card. Giuseppe Pizzardo per l’approvazione delle Suore Pastorelle (10.6.1953); – p. 561s: Lettera alla Congregazione dei Religiosi riguardo all’Unione Cooperatori (gennaio 1923); – p. 562: Notifica al card. Vicario sul trasferimento a Roma dell’Unione Cooperatori (marzo 1937). In UPS cf. II, 12.



13 «Anche a noi, peccatori... Ammettici a godere della loro sorte beata non per i nostri meriti ma per la ricchezza del tuo perdono» (Missale Romanum, Ordo Missæ: «Nobis quoque...»).






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