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Giacomo Alberione, SSP Ut Perfectus sit Homo Dei IntraText CT - Lettura del testo |
Fede evangelica nella Provvidenza
«Nessuno può servire a due padroni: sicuramente, o odierà l’uno e amerà l’altro, o sarà affezionato al primo e disprezzerà il secondo. Non potete servire a Dio e a Mammona. Perciò io vi dico: Non siate troppo solleciti per la vita vostra, di quel che mangerete, né per il vostro corpo, di che vi vestirete. La vita non vale più del cibo, e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli dell’aria: non seminano, non mietono, non raccolgono in granai, e il vostro Padre celeste li nutre. Or non valete voi più di loro? E chi di voi, con tutto il suo ingegno, può aggiungere alla sua statura un sol cubito? E perché darsi tanta pena per il vestito? Guardate come crescono i gigli del campo: non faticano, né filano; eppure vi assicuro che nemmeno Salomone, con tutta la sua gloria, fu mai vestito come uno di loro. Or se Dio riveste in questa maniera l’erba del campo, che oggi è e domani vien gettata nel forno, quanto più vestirà voi, gente di poca fede? E non vogliate angustiarvi
dicendo: Che mangeremo, che berremo, di che ci vestiremo? Tutte queste cose preoccupano i Gentili; or il Padre vostro sa che avete bisogno di tutto questo. Cercate prima di tutto il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date per giunta» (Mt 6,24-33).
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Art. 86. La dispensa dai voti religiosi, sia temporanei che perpetui, legittimamente emessi nella Società, è riservata alla Santa Sede; i Superiori non hanno alcuna potestà di scioglierli, salvo il caso di legittima dimissione di un religioso professo di voti temporanei, a norma dell’art. 95.
Art. 87. In virtù della professione religiosa, il membro è soggetto agli obblighi del proprio stato e ne gode i diritti, a norma delle presenti Costituzioni, sotto l’autorità dei Superiori, secondo la propria condizione e il proprio grado. I professi di voti temporanei godono degli stessi privilegi, delle stesse indulgenze e delle medesime grazie spirituali di cui godono i professi di voti perpetui; se venissero a morire, hanno diritto anche ai medesimi suffragi.
Art. 88. Il tempo dal quale inizia il godimento della voce attiva e passiva, è computato dalla prima professione emessa nella Società. Tuttavia:
a) Tutti i professi di voti temporanei mancano di voce attiva e passiva; vi sono compresi gli alunni chierici non ancora pervenuti al sacerdozio, anche se professi perpetui.
b) I professi discepoli di voti perpetui godono di voce attiva e passiva sia nella elezione dei delegati al Capitolo provinciale che in quella dei delegati al Capitolo generale; nelle elezioni che si effettuano invece in seno al Capitolo generale godono solamente di voce attiva.
c) I sacerdoti professi di voti perpetui godono di voce attiva e passiva in tutte le elezioni, a norma delle Costituzioni.
Art. 89. Ai discepoli, una volta emessa la professione, non viene concesso il passaggio allo stato clericale. Agli alunni chierici, anche se professi perpetui, per un serio motivo può essere concesso il passaggio allo stato di discepoli: né in tal caso sono tenuti a compiere un secondo noviziato; tuttavia sarà bene vengano sottoposti, in qualche modo, a una prova adeguata.
Art. 90. Coloro che per un motivo qualsiasi o per una particolare ragione escono dalla Società, sappiano che non possono esigere nulla per i lavori compiuti, o ad altro titolo, fermo restando quanto è prescritto dall’art. 36.
Art. 91. Il professo di voti temporanei, terminato il tempo dei voti, può liberamente lasciare la Società. Parimenti il Superiore generale, previo voto del rispettivo Superiore maggiore col suo Consiglio, e dopo aver udito il Consiglio Generale, per giuste e ragionevoli cause, lo può escludere dal rinnovare i voti temporanei o dall’emettere la professione perpetua, ma non per motivo
di malattia, eccetto che si possa dimostrare che tale malattia era stata taciuta o dissimulata prima della professione.