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Giacomo Alberione, SSP Ut Perfectus sit Homo Dei IntraText CT - Lettura del testo |
Povertà effettiva ed affettiva, virtù e voto
Vi è la povertà effettiva, accompagnata da ricchezza affettiva; vivono nella miseria, ma hanno desideri sregolati, sino al furto, agli inganni, a lavoro proibito.
Vi è la povertà affettiva, accompagnata da ricchezza effettiva; sino a chiedere elemosine per dare a Dio ed al prossimo.
«Beato il ricco che è trovato senza macchia, che non è andato dietro all’oro» (Sir 31,8).
La povertà come virtù ha la parte positiva: è lo studio, è l’anelito continuo ai beni spirituali ed eterni, al Bene Sommo, Dio! staccando il cuore dalle cose della terra, e tutto usando come mezzo, per conseguirlo. Anche il cibo e il riposo vengono presi per «mantenersi nel servizio di Dio e nell’apostolato».
Il voto è un mezzo, un più forte impegno per meglio praticare la virtù.
Lo spirito della povertà (la prima beatitudine) è la virtù in alto grado: quando vi sono profonde convinzioni, amore e gusto alle privazioni e sacrifici, così da compiere prompte, faciliter, delectabiliter.1 Così innumerevoli santi canonizzati e i più non canonizzati.
Gesù, Maestro di povertà
Con l’esempio. Dice San Bernardo: «Pauper in nativitate, pauperior in vita, pauperrimus in cruce».2
San Paolo di Lui scrisse ai Corinti: «Per il vostro bene il Verbo di Dio che era ricco si fece povero, perché la sua povertà fosse la vostra ricchezza» [cf. 2Cor 8,9].
La grotta per animali, la mangiatoia prima culla, l’esilio in Egitto, la piccola casetta a Nazareth, il mestiere di falegname, la vita pubblica sostenuta dalle elemosine; spogliato degli abiti, abbeverato di fiele, mirra e aceto, una croce per letto, un sepolcro imprestato per carità. La veste o specie eucaristica è un po’ di pane, il comune alimento. Le sue preferenze i poveri: «pauperes evangelizantur».3
Con l’insegnamento. La prima beatitudine insegnata è la povertà: «Beati i poveri di spirito perché di essi è il regno dei cieli» [Mt 5,3]. Se è il primo gradino della santità, chi non lo sale, o lo discende, rinunzia di fatto alla perfezione.
Di Lui si chiedeva: «Nonne hic est fabri filius? Nonne hic est faber?».4
«Gli uccelli hanno i loro nidi, le volpi hanno delle tane; ma il figlio dell’uomo non ha un sasso su cui posare la sua testa» [Lc 9,58].
«Se vuoi essere perfetto va’, vendi i tuoi beni, danne il ricavato ai poveri; poi vieni e seguimi» [Mt 19,21].
«Voi, che avete lasciato tutto e mi avete seguito, riceverete il centuplo e possederete la vita eterna» [cf. Mt 19,28-29].
«Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia; il resto vi sarà dato in aggiunta» [Mt 6,33].
«Non prendete né oro, né argento, né moneta nelle vostre cinture» [Mt 10,9].
«Chi non rinunzia a quanto possiede non può essere mio discepolo» [Lc 14,33].
Chi si spoglia diviene ricco di grazia, di meriti, di pace, di gloria. Nella povertà la santità è più facile.
È fonte di purificazione, di fervore, di carità.
«La povertà distrugge la lussuria e l’orgoglio; prepara un’atmosfera di spiritualità» (S. Ignazio).
La povertà è custode di tante virtù.
È un fatto che oggi, in generale, degli Istituti religiosi chiedono elemosine in modo conveniente all’atmosfera in cui si vive. Ma il Cappuccino, che va di porta in porta ed ha vestito, abitazione, mensa più povera, prepara più santi alla Chiesa... E sono canonizzati, tra di loro, più questuanti, sacrestani, portinai.
La santità autentica è solo e sempre quella del Vangelo.
Chi ha il vero spirito di povertà ha molto più facilmente lo spirito di orazione e desideri di cielo. Là è il suo tesoro: «Ubi thesaurus vester est, ibi et cor vestrum erit».5
La povertà in un Istituto è la garanzia di spirito buono e di buon sviluppo, specialmente di belle e numerose vocazioni.
Dio non manda dove non si lavora o si spreca, sia pure in piccole cose, esempio nel fumare.
Chi ha l’affetto, anche ad un solo filo, è come un uccello legato: non può spiccare il volo verso le altezze della santità.
Maria: donna povera
Maria. La pensiamo quale era: una popolana, sposa ad un falegname. A Betlemme non avevano tanto da pagare, perciò non trovarono posto all’albergo.
La saggia e laboriosa donna di casa, cucina, pulizia, bucato, ecc., premurosa per Gesù nella sua infanzia, fanciullezza, età adulta; e per Giuseppe, finché rimase al suo fianco; per Giovanni Apostolo e per gli altri Apostoli dopo la morte di Gesù; e sino a che fu assunta in corpo ed anima al cielo. Visse l’ideale della donna forte come descritta nei Proverbi (31,10-31).
Di Maria pochissime parole sono registrate nel Vangelo; ma piene di sapienza scritturale. Per la povertà: «[Dio] ha rovesciato i potenti dai loro troni, ed ha esaltato gli umili. Ha saziato di beni i poverelli, ha rimandato a mani vuote i ricchi» (Lc 1,52-54).
Maria soccorre i poveri, adoperando la sua onnipotenza supplichevole per loro. Alle nozze di Cana, durante il festino, venne a mancare il vino: segno che si era in una famiglia povera, e che erano invitati Maria, Gesù, pochi pescatori, primi discepoli di Gesù. Maria lo conosce, ne parla con Gesù, ottiene il cambiamento dell’acqua in vino, risparmia un’umiliazione agli sposi.
A chi desidera la virtù della povertà Maria ottiene
le grazie: amare il lavoro, sopportare in pace le privazioni e sacrifici, sperare e ricevere i doni spirituali.
Molte volte i religiosi hanno un tenore di vita più comodo di quanto avessero in famiglia.
Ricordiamo: il necessario per la vita quotidiana si ricava dal lavoro; per opere straordinarie, invece (una chiesa, casa, macchina, ecc.), si cerca dalla beneficenza, almeno in parte.
Ho sentito questo apprezzamento, da chi doveva farlo, di un religioso che si era presentato tutto attillato, manieroso, ricercato a tavola, nel trattare ed esigere: «Quanto ha cura del suo esteriore altrettanto è vuoto nell’interiore: cioè nella scienza, pietà, zelo».
San Paolo: maestro e testimone
San Paolo. Scrive a San Timoteo: «Predica ai ricchi della terra di non essere orgogliosi e di non mettere la fiducia nelle vane ricchezze, ma nel Signore» (1Tm 6,17).
Elogia la carità di Filemone verso i cristiani di Colossi: «Grande è la mia gioia e la mia consolazione per la tua carità, perché per mezzo tuo il cuore dei santi (i fedeli) si è sentito rianimare, o fratello» (Fm 7).
Scrive a San Timoteo: «La pietà è veramente una fonte di guadagno, quando rende contenti del necessario. Quando abbiamo di che nutrirci e di che vestirci, stiamo contenti. Ma quelli che vogliono arricchire cadono nella tentazione, nell’inganno ed in molti desideri insensati e dannosi, che travolgono gli uomini nella rovina e nella perdizione. Infatti la cupidigia del denaro
è la radice di tutti i mali; ed alcuni, che ne sono stati presi, si sono allontanati dalla fede e si sono procurati tormenti che li rodono» (1Tm 6,6-10).
Agli Ebrei: «Con gioia avete sopportato la confisca dei vostri beni, sapendo di essere in possesso di beni migliori che durano sempre» (Eb 10,34).
Ai Filippesi: ringrazia per le offerte ricevute; poi soggiunge: «Ho imparato a contentarmi delle condizioni in cui mi trovo. So vivere nelle strettezze e nell’abbondanza; sono addestrato a tutto; ad essere sazio ed a patire la fame, ad essere nell’abbondanza come ad essere nella penuria» (Fil 4,11-12).
«Paupertas est veluti muras religionis diligenda»6 (Sant’Ignazio).
Il «guai a voi, o ricchi! perché avete già avuta la vostra consolazione quaggiù!» [Lc 6,24]. Il guai! Non si vedono tante abbazie, conventi, istituti cadenti, o già caduti? È ammonimento a noi.
Sono ricchi non solo coloro che hanno molto, e vi si affezionano; ma anche chi ha poco, se sta col cuore teso e si procura quanto può, in qualunque modo. È ricchezza affettiva, con la povertà effettiva.