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Giacomo Alberione, SSP
Ut Perfectus sit Homo Dei

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Pietà e formazione integrale

     «La prima cosa che si attua nella pietà è il processo di formazione personale. Ognuno va a Cristo col grande problema di se stesso: un problema sempre urgente, imprescindibile: prendere la giusta “via”, inquadrarsi esattamente nella “verità”, per un sicuro e pieno sviluppo della “vita”. Ognuno va al Maestro disponendo di un potenziale notevole, che chiede solo di essere messo in atto con grande pienezza: mente, volontà e cuore dei singoli devono essere messi in atto affinché tutto l’uomo, nel contatto formativo col Maestro, ottenga quel processo evolutivo quadrato e completo che è nella profonda aspirazione di ogni vita.

     È a questo intento di completezza che si ispira


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ogni atto della pietà paolina. Prescindendo da un elenco di atti, varii nella forma e nella durata, distribuiti lungo la giornata, la settimana, il mese o l’anno, e che si attengono ovviamente alle forme tradizionali in uso nella Chiesa universale, dobbiamo semplicemente rilevare questo dato costantemente inteso e sottolineato nelle pratiche di pietà: l’impegno di tutte le potenze dell’anima per uno sviluppo totalitario della persona.

     Nella Messa e nella Visita al Santissimo, che sono al centro di tutta la nostra vita spirituale, il metodo “via-verità-vita”, cui corrisponde bene l’impegno della mente, della volontà e del cuore, viene sempre più chiarificandosi e approfondendosi da tutti. Domina in queste pratiche l’uso del libro (Messalino o Vangelo), per una partecipazione mentale alle grandi lezioni che ci vengono dalla Liturgia o dalle pagine del Nuovo Testamento. La pietà è anzitutto un profondo atto di fede, che parte da una viva partecipazione della mente umana: “actus rationis”,2 dice S. Tommaso di una preghiera fatta nel modo dovuto. La mente dell’uomo preluce ad ogni suo atto, e una quotidiana impostazione della mente sulle grandi verità rivelate è di una importanza assoluta nello sviluppo sicuro della persona.

     Rimarrebbe però sterile l’apprendimento o la visione del vero, quando non gli facesse seguito l’atto del volere, determinante del nostro movimento verso il meglio. Come la “mente” si pone in rapporto col magistero di Cristo-Verità, così la volontà si deve impegnare al movimento con Cristo-Via. S. Tommaso avverte pure che una buona preghiera risulta come una “explicatio propriæ voluntatis”.3 La volontà si porrà


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in esercizio sotto l’impulso della grazia e sotto l’attrattiva del magistero di Cristo, via di ogni perfezione umana.

     Infine vi deve essere quella profonda adesione vitale che trascina tutto l’uomo al rapporto con Dio: “Cor meum et caro mea exsultaverunt in Deum vivum”:4 si deve determinare cioè quell’indispensabile calore vitale che giustamente si definisce nel termine “cuore”, e che appunto produce il movimento profondo della vita: giacché una pietà che impegni tutto l’uomo, lo realizza, dando forma ad un sicuro processo educativo: “importat exitum de potentia in actum”.5

     Si diceva in precedenza che nelle pratiche di pietà paoline, oltre che alla integrale formazione della persona, si mira alla impostazione sociale di se stessi nell’apostolato, cioè nel magistero. Si tende cioè a collocarsi più che mai “in consortio veri Magistri”,6 per assumerne chiaramente la forma e ritrasmetterla sempre più precisa agli uomini. Si va incontro dunque ad un ideale preciso, dando l’adesione ad una chiamata superiore e impegnandoci a raggiungere quella fisionomia sociale che è coniata su un modello di attività e di vita nuova nella Chiesa» (Mi protendo in avanti, E.P. 1954, pp. 276, 277 e 280).




2 «Atto della ragione».



3 «Dichiarazione della propria volontà» (Summa Theologica, III, q. XXI, a.1, co.).



4 «Il mio cuore e la mia carne esultano nel Dio vivente» (Sl 84[83],3).



5 «Apporta il passaggio dalla potenza all’atto».



6 «In comunione con il vero Maestro».






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