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Giacomo Alberione, SSP Ut Perfectus sit Homo Dei IntraText CT - Lettura del testo |
Norme per il cinema
Art. 252. Quanto è stato detto per l’apostolato dell’edizione da esercitarsi per mezzo della stampa, bisogna applicarlo, fatti i dovuti riferimenti, agli altri mezzi dei quali la Società, secondo il fine speciale descritto all’art. 2, deve servirsi per propagare la dottrina cattolica.
Art. 253. In modo particolare i Superiori devono rivolgere la loro cura all’arte cinematografica, che esercita tanta efficacia sulle moltitudini e può essere di stimolo sia alla virtù che al male perché sia opportunamente usata come mezzo di efficacissimo apostolato per la salute delle anime e la prosperità della stessa società civile.
Art. 254. Le immagini cinematografiche, ossia le pellicole edite a cura della Società, oppure quelle che, sebbene prodotte da altri, dopo una diligente revisione e censura, sono dalla Società presentate e divulgate, più che ad evitare soltanto il male, con la loro meravigliosa efficacia, devono tendere ad ispirare negli animi degli spettatori i principi della legge naturale ed evangelica e ad incitare realmente alla virtù.
Art. 255. Bisogna perciò tendere a produrre pellicole cinematografiche che, sebbene destinate a procurare anche un’onesta ricreazione dell’animo e del corpo, siano tuttavia sempre così conformi a sagge norme, da eccitare gli spettatori ad una vita retta e ad una educazione degna di questo nome. Soprattutto poi la Società deve adoperarsi perché siano editi film che di proposito presentino la dottrina cattolica; al riguardo si osservi, fatti i dovuti riferimenti, quanto è stato detto negli art. 229-232 per la redazione.
Pio XI ha scritto: «È ormai nota infatti l’estensione e l’efficacia di questo ritrovato del genio umano. Estensione che, si può dire, abbraccia tutta la vita: individuale, familiare, sociale, intellettuale, morale e religiosa, letteraria e artistica, economica e politica, nazionale
ed internazionale. Efficacia che supera qualsiasi altro mezzo di divulgazione delle idee e di educazione della gioventù e del popolo.
Il cinematografo infatti ha, sullo spirito umano, una potenza psicologica che può dirsi suggestiva, perché afferra tutto l’uomo e colpisce tutte le potenze sensibili e spirituali. Esso non domanda allo spettatore nemmeno la fatica di pensare, di ricostruire, di immaginare scene, come lo richiederebbe anche il più semplice romanzo.
Efficacia che, unita all’estensione, può scuotere gravemente o rafforzare – secondo che il cinema è buono o cattivo – i quattro cardini dell’umana convivenza: la gioventù e la famiglia, l’ordine sociale e l’ordine religioso.
Queste considerazioni acquistano tanto maggiore gravità, da ciò che il cinematografo parla non a singoli, ma alla moltitudine ed in circostanze di tempo, di luogo, di ambiente quanto mai propizio a suscitare non comune entusiasmo per il bene come per il male; condurre a quella esaltazione collettiva che può assumere – come l’esperienza purtroppo ci insegna – forme addirittura morbose».