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Giacomo Alberione, SSP
Ut Perfectus sit Homo Dei

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Fedeltà ai voti

     Si verifica oggi una crisi sui voti, che subiscono una rovinosa disistima: si richiede con leggerezza la professione, si sopporta poi come un grosso peso; vi si manca con facilità, in cose piccole e forse anche gravi. Prima con forte rimorso, cui succede una certa insensibilità. Si trascurano i mezzi di sostegno, che sono la fuga delle occasioni e la preghiera; la catastrofe si avvicina con rovina personale e scandalo entro e fuori dell’Istituto, con il conseguente continuus dolor 7 dei buoni fratelli. Si sono perdute le grazie, e non si piange, perché si è ciechi; si chiudono le vie al rinsavimento; si procede quasi baldanzosi esternamente, come vittoriosi, ma in realtà nel cuore si sente di essere dei vinti e traditori... E preghiamo perché non si precipiti nell’eterna perdizione: «Quomodo cecidisti de cœlo?»8 Chi ha la luce di Dio comprende: per chi non l’ha, diceva P. Gemelli, vi è solo la paura o una grave, prolungata malattia; o il carcere; e alle volte neppure basta la morte. Uno dei dodici tradì; ma si perdette per l’eternità.

     Non possiamo assistere impassibili. La rovina si può talvolta prevedere; alle volte possiamo anche esserne in


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parte responsabili. Nemo repente fit pessimus.9 Si tolgono le siepi, s’introduce per vie subdole il male, si va sui margini del precipizio: simpatie, orgoglio, letture, infrazioni alle disposizioni, libertà dei sensi, rallentamento nella pietà, incontri di persone, ricerca di spettacoli sconsigliabili o riservati agli adulti; si retrocede passo passo, poi si riprende, si ritorna, si aggrava, si forma quasi un’abitudine; infine la catena che non si spezza più. E si va precisamente a cadere in quello che almeno apparentemente si detestava, in tipografie ed editrici che sono cattedre erette contro Gesù Cristo e la Chiesa; poiché quando si è vittime di Satana, questi trascina sino alla maggior vergogna: adoperare per lui l’arte imparata per il Vangelo; in una vita di umiliazione e di rovinosi scandali.

     Eppure è legge naturale: «fate voti ed adempiteli» [Sl 76,12]. Ed i voti religiosi sono gravi; dopo anni di preghiere e riflessioni, richiesti per iscritto, emessi nel modo più solenne, alla presenza di testimoni, confermati con la firma. Quel registro verrà [utilizzato] dal diavolo, che, schernendoli perché gli sono caduti nelle mani, lo presenterà al Giudizio, prova della infedeltà. Si dirà: ma vi sono le dispense. Sì, ma solo per evitare rovine peggiori a te e ad altri.

     La dispensa è valida; il religioso viene ridotto allo stato secolare se si tratta di semplice religioso. Ma innanzi a Dio egli ha sprecato le grazie, e volontariamente, gradatamente si è messo in condizioni spirituali in cui per la trasgressione dei voti commetterebbe due peccati; e la sua vita in qualche misura sarebbe di scandalo e di danno all’Istituto; per cui, o per domanda


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spontanea, o per l’espulsione, viene amputato un membro nocivo all’Istituto.

     Quando Gesù nell’ultima cena disse a Giuda: «Quello che vuoi fare, fallo presto» [Gv 13,27], non lo sgravò della sua responsabilità: ma manifestò che conosceva tutto; e, data la sua ostinazione, era venuto il momento di compiere il tradimento e che per Gesù era giunta la sua ora. Prima non aveva permesso che lo prendessero: non era ancora giunta la sua ora.




7 «Sofferenza continua» (cf. Rm 9,2).



8 «Come mai sei caduto dal cielo?» (Is 14,12).



9 «Nessuno diventa molto cattivo all’improvviso».






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