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Giacomo Alberione, SSP Brevi meditazioni - I IntraText CT - Lettura del testo |
2.o Il dannato soffrirà, in tutte le parti del corpo il tormento di un fuoco reale e fisico, sebbene non ne conosciamo l’intima natura. Esso è nelle mani di Dio una potenza capace di far penare e di castigare il reprobo; più che non il fuoco terreno possa cruciare chi ne è arso vivo.
E’ fuoco sapiente, poiché, diretto dalla Divina Giustizia, brucia di più il senso e la facoltà che ha maggiormente peccato.
E’ fuoco ardentissimo, poiché è più acceso del fuoco terrestre: questo ci è concesso dalla
Divina Misericordia per i nostri usi; quello invece è creato solo per punire.
E’ fuoco che penetra tutte le potenze dell’anima e tutti i sensi del corpo cruciando come dice S. Agostino: «miris et veris modis»1.
Col peccato il cristiano s’attacca troppo ai beni della terra, fino a preferirli a Dio, invece che usarne come mezzi per servire Lui. Ebbene: questi beni saranno il suo tormento. «Ciascuno è punito per mezzo di quelle cose per cui ha peccato» (Sap. 11, 17).
Sarà tormentata la vista: l’inferno è chiamato «tenebre esteriori»; «tenebrosa caligine è riserbata in eterno». I dannati vedranno solo cose che li spaventano; il resto sarà tutto oscurità la più densa.
L’odorato sarà tormentato dal puzzo di tanti fetidi e fracidi cadaveri.
L’udito sarà tormentato da urla, bestemmie, gemiti che atterriranno.
Altro tormento sarà l’immobilità; mentre una sete ed una fame canina saranno un supplizio per la gola. Il ricco epulone chiedeva nell’inferno una goccia d’acqua; e gli era negata.