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Giacomo Alberione, SSP Brevi meditazioni - I IntraText CT - Lettura del testo |
2.o E’ avvertimento amichevole: «Guardati da questa occasione funesta; evita quel compagno e quella lettura; lascia quel divertimento; vigila sui pensieri e sul cuore; resisti ai primi moti della passione». L’uomo in cui parla la coscienza è felice; infelice chi non ne sente più la voce!
E’ freno potente. Nell’ora della tentazione, quando la natura ardente ed impetuosa sarebbe esposta a seguire violenti appetiti, la coscienza la domina, la ferma, la sottomette, impedisce cadute fatali. Altre volte, quando la sua voce è stata disconosciuta e l’uomo scivola sul pendio del precipizio, la coscienza raddoppia le grida e le proteste, risveglia salutari reazioni. Dopo il periodo delle menzognere illusioni, la coscienza torna a farsi udire: l’uomo si riscuote, risale il pendio e riprende il sentiero della verità e del bene.
La coscienza non abbandona neppure l’uomo sconfitto e avvolto nel fango; gli fa ancora udire i rimorsi, gli restituisce l’esperienza, lo invita ad atti di riparazione: fosse pure già il momento della morte.
E’ stimolo: ai peccatori ed ai giusti; come scuote i neghittosi e i dormienti: «Perché lasciate inerti i talenti? Perché una vita senza buoni frutti? Non temete l’ora del giudizio?».
E’ incoraggiamento agli sconfortati; rianima la speranza nei cuori scoraggiati: «Non vi è macchia che non si possa lavare; Dio non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva; la grazia e la forza sono per chi prega; e chi prega si salva».