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Giacomo Alberione, SSP Appunti di Teologia Pastorale - II edizione IntraText CT - Lettura del testo |
Scelta del Confessore. – Si dice spesso: in molti luoghi i Sacerdoti più bonomi sono i confessori del clero. È vero?...
Il confessore sia dotto. – I santi devono essere semplici, non ignoranti, se hanno da occuparsi d’altri.
Il confessore sia santo. – I freddi non accendono: e non si crede alle loro raccomandazioni.
Il confessore sia uomo di pratico zelo; perché vi sono dei confessori che sanno solo dare assoluzioni a destra ed a sinistra; non sanno negarla, avvisare, correggere, interrogare, scuotere: sono quelli che non hanno zelo.
Per la Chiesa è certamente una grave piaga il confessore che non fa, verso i preti penitenti, quello che si fa coi semplici fedeli. Il Sacerdote che si confessa
è un penitente come gli altri (proportione facta): è necessario che il confessore senta la sua dignità, responsabilità, dovere. Sappia intimargli: lascia quella occasione, sii fedele alla meditazione, usa bene del tempo, scuotiti... Bisogna che si occupi con serietà, zelo, sincero desiderio di giovare, più del penitente-Sacerdote, che non del penitente-fedele. Chi non fa questo non può essere confessore, almeno ordinario, d’un prete.
In generale: non conviene confessarsi tra parroco e curato, specialmente a vicenda: neppure due preti a vicenda: ma vi sono esempi contrari, anche di santi preti: bisognerebbe però prima essere santi! E lo si è d’ordinario?... Il Card. Richelmy diceva al clero: Voi che dovreste fare viaggi un po’ incomodi, per trovare confessore atto alle confessioni dei sacerdoti, potreste pure spesso confessarvi ad un sacerdote vicino: ma ogni uno, due o tre mesi, portarvi da un confessore santo, e fare una confessione più seria... come a vero direttore spirituale che vi illuminerà su tutte le difficoltà che avrete incontrato. Potete pure tenervi con lui in corrispondenza epistolare.