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Giacomo Alberione, SSP
Appunti di Teologia Pastorale - II edizione

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Pratica. – Alcune cose generali: Allorché avvenisse di sentire il cuore fortemente legato a qualche persona, o vi fosse qualche caduta notoria, sarà assai meglio mutare subito posto se si tratta di vice-curato o di cappellano (il parroco dovrà prima vedere come sta di fronte alla popolazione e consigliarsi); il mondo non perdona più tali mancanze. Né si dica che si vuol far vedere che si tratta di dicerie, che si vuol riparare il male col bene; in pratica ordinariamente si avrebbero nuovi scandali agli altri, nuove cadute pel Sacerdote. Qualche volta bisognerà anche partire dietro sole dicerie: come infatti si potrebbe poi confessare, predicare su tal punto, che pure è lo scoglio più ordinario? Muti posto, persone, ambiente, metodo di vita: così potrà riabilitarsi e operare nuovo bene; altrimenti è finita pel suo ministero, finita per la sua pace; forse anche per la sua anima!... Meglio piuttosto farsi religioso, o missionario.

Evitare, per quanto è possibile, di andare cappellani o preti soli ancora giovani; ancorché la vita del vice-curato incominciasse a pesare.

Osservare le leggi sinodali riguardanti la persona di servizio,6 non chiedendo così facilmente dispensa; ricordare bene che tale persona forma di solito in pratica uno dei pericoli più gravi; poiché è colla persona di servizio che si passano le ore più pericolose del giorno, d’ordinario: cioè le ore del pasto, e quelle che seguono immediatamente.


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Alcune cose particolari: Il confessionale può costituire un pericolo, almeno per due ragioni: perché nel mondo si trovano persone che sul sesto comandamento si esprimono con parole così sconce e triviali, raccontano a lungo e con particolari così vivi, che bisognerebbe essere di marmo per non sentirsi scossi e tentati. In questi casi il Sacerdote si affidi al Signore per ciò che è obbligato ad ascoltare: per ciò che dubita se vi sia obbligo di ascoltare, in dubbio è meglio mancare d’integrità7 che non esporsi al pericolo di dare scandalo o peccare; per ciò che il prete non ha bisogno di sapere, imponga al penitente di cambiare discorso... e lo si esiga! poiché sarebbe un vero pericolo ed è assai buona cosa ciò che già avvenne, che alcuno chiuse lo sportello.

Per le domande da farsi il Sacerdote deve tenere presenti tre norme: a) che è meglio esporsi al pericolo di mancare all’integrità che a quello di dare scandalo o di peccare...; b) che d’altronde alcuni penitenti hanno davvero bisogno di domande su questa materia, specialmente se sono timidi, se ragazzi, se giovani figlie; mentre altri che si dimostrano assai schietti o franchi si offenderebbero di certe interrogazioni; c) che vi sono persone, sebbene assai poche, che vengono con diretta intenzione di tentare il prete, perché sarebbe per loro un vanto, e perché hanno invidia che il confessore tenga più a lungo altre penitenti... o perché sentono bisogno di essere amate... o perché esse medesime agiscono con irresponsabilità; mentre altre vogliono raccontare a lungo tutta la conversazione avuta col loro sperato futuro marito... o farsi vedere amate dal prete che forse calunniano terribilmente. Queste ultime cose devono intendersi solo delle persone che


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frequentano la confessione e che sono in pratica uno dei maggiori scogli al prete.

Il confessionale può anche ai migliori Sacerdoti costituire un pericolo, perché richiede molta intimità. Vi sono penitenti che ci vengono col vero scopo di essere dirette e professano al confessore, almeno da principio, l’affezione più sincera e più pura, e la manifestano colle parole più lusinghiere. Ve ne hanno altre che vengono a versare nel cuore del Sacerdote delle pene gravi: vi sono spose il cui marito è infedele, madri i cui figli sono una vera croce, giovani che sono insidiate e che rifuggono dal male. Queste pene eccitano i sentimenti più delicati del prete, il quale non deve lasciarsi da essi dominare. Ma da un affetto all’altro si può anche arrivare dove non si avrebbe sospettato!

E in questi casi il confessore: a) Non si lasci guidare dal sentimento, ma solo dalla ragione. b) Non sia lungo, perché a loro consolazione e conforto si possono indicare libri, il pensiero del cielo ed altri mezzi. c) Alle anime pie suggerisca letture spirituali adatte. d) Non permetta mai a queste persone di confessarsi più d’una volta per settimana.

Mezzo generale: Il Sacerdote per essere salvo da ogni pericolo e poter adempiere meglio l’ufficio suo con carità e fermezza si metta sempre dal punto di vista: Sacerdos alter Christus, si figuri di essere Gesù che accoglie la Maddalena, Zaccheo, ecc. e ne prenda la mansuetudine, la compassione, la parola.




6 Nel Sinodo diocesano Albese del 1873 promosso da mons. E. Galletti, all’art. 356 troviamo scritto quanto segue: «Synodale statutum respiciens cohabitationem mulierum cum Clericis, firmiori usque pleniorique robore stet: imo si deinceps perstrictum habeatur: Familiaris continua mulierum cum Clericis habitatio, excepta matre, numquam permittitur nisi re in singulis casibus a nobis diligenter expensa; illarum quae primo laterali consanguinitatis gradu ipsis sint devinctae facile cohabitationem concedimus; illarum quae secundo consanguinitatis gradu ipsis conjunguntur, difficilius: non tamen ita denegabimus, si integrae famae sint, nec non saltem vigesimum quintum aetatis annum attingant; illarum quae primo affinitatis gradu ipsis evinciuntur, perraro. Famularum opera in ministerio domus ipsis uti concedimus, quae probatissimis sint moribus, nec triginta quinque annis iuniores sint, et non aliter absque expressa Episcopi venia. Excipimus a domestico Clericorum servitio mulieres quae, quacumque causa, a proprio vivente viro separatam vitam degunt, nisi peculiares circumstantiae aliter Nobis suadeant». Anche precedentemente nel Sinodo del 1841 promosso da mons. M. Fea all’art. 356 troviamo una nota su questo tema. Cf Appendix Novissima ad Synodum Dioecesanam Albensem, edita in solemni pro-synodali conventu, die V septembris 1873, Typ. Dioecesana Sansoldi, Albae Pompeiae 1873, pp. 69-70; cf Synodus Dioecesana Albensis, habita anno 1841, VI, V et IV idus septembris, Typ. Chiantore et Sansoldi, Albae Pompeiae 1841, pp. 117-118.



7 Integrità nell’accusa delle colpe.






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