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Giacomo Alberione, SSP
Appunti di Teologia Pastorale - II edizione

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Pratica. – Umiltà nel clero giovane. In questi ultimi anni sono accaduti fatti dolorosissimi: Sacerdoti di ingegno sono usciti di strada per superbia intellettuale, ovvero perché ostinatamente disobbedienti. Diffidiamo assai nel leggere i libri se non hanno davvero tutte le approvazioni: meglio sapere qualche cosa di meno e salvare le anime, che con maggior scienza essere lupi rapaci. Di più: i sacerdoti giovani non si illudano tanto facilmente di conoscere meglio dei vecchi i metodi di direzione delle anime e delle parrocchie. Chi esce dal Seminario ha fatto nulla, quanto a ministero; dunque si metta all’ultimo posto, al posto degli scolari. Qualche volta può succedere che il sacerdote giovane abbia qualche cognizione che l’anziano, il parroco forse, ignora; può anche avvenire che evidentemente la ragione in alcuni casi particolari stia dalla parte sua; allora sottoponga umilmente la cosa. Ma ricordi che il Papa ha detto che alcune opere buone è meglio lasciarle, piuttosto che farlo contro la volontà dei superiori.

Umiltà nel clero più attempato. – Questo è pure in pericolo di insuperbirsi per l’altezza della carica, perché facilmente si abitua a vedere tutto inchinarsi a lui, perché col lungo ruminare e attuare le proprie idee


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finisce col crederle sempre, tutte e sole vere. È piuttosto raro che un Sacerdote a trenta o quaranta anni non si creda ancora pressoché infallibile. Si pensi che il progresso e l’evoluzione accidentale anche in alcune cose riguardanti la Chiesa e la cura d’anime possono benissimo avvenire, che qualche idea buona può anche trovarsi nei giovani per quanto inesperti, che i giovani hanno la forza, se essi l’esperienza; forza da cui possono ricavare frutti preziosi, guidandola con dolce fermezza, e non già con repressioni ostinate.

Umiltà nel ministero. – Si eviti la invidia figlia della superbia: l’invidia che può suggerire mille industrie nelle prediche, nelle relazioni, nel modo di fare, al confessionale, pel solo fine di avere più penitenti che non gli altri colleghi di ministero.

L’invidia che può in una parrocchia portare i diversi sacerdoti a far guerra alle opere create dai confratelli, con metterle in ridicolo, con valersi malamente dell’influenza che si può avere su chi forse vorrebbe sostenerle.

L’invidia colle parrocchie limitrofe, che si può mostrare criticandone i membri del clero, specialmente sparlandone nelle popolazioni.

Questa invidia non la si deve mai lasciare ingagliardire nel cuore: sarebbe sempre segno di mancanza di vero zelo. È necessario essere cor unum et anima una:8 incoraggiarsi e sostenersi a vicenda. Le opere perfette non sono di questo mondo: né si devono pretendere. Chi fa ne falla, ma chi non fa è in continuo fallo; che se poi aggiunge ancora l’invidia, raddoppia i suoi falli in numero e malizia.




8 At 4,32: Un cuore solo e un’anima sola.






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