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Giacomo Alberione, SSP Appunti di Teologia Pastorale - II edizione IntraText CT - Lettura del testo |
Capo V
L’AMMINISTRAZIONE
DEI BENI MATERIALI
È necessario dirne qualche parola: giacché, se tale amministrazione non entra direttamente nel ministero sacerdotale, il necessario sostentamento è condizione sine qua non...
Sarebbe assai desiderabile che il Sacerdote fosse libero da tutte le cure materiali e mondane: avrebbe così la possibilità di dedicare tutto il suo tempo e tutte le sue energie alle cose spirituali, riguardanti la salvezza degli uomini. Ma ciò non è possibile, in humanis, almeno nella presente costituzione della Chiesa: d’altronde sarebbe pure desiderabile non aver bisogno di cibo, né di riposo: ma è impossibile. In Francia dopo la separazione,1 sotto un certo aspetto il clero si trova meglio che non tra noi, giacché tutte le offerte dei fedeli per i sacerdoti vengono inviate al vescovo, il quale ne fa un’equa ripartizione, senza che alcuno abbia da prendersene pensiero.
Il Sacerdote anche nell’amministrazione dei beni non può dimenticarsi d’essere salvatore d’anime: alcune distinzioni non possono giovare in pratica. E come nella sua pietà e nel suo studio così in questo anzitutto e sopratutto [vale] il principio: Salus animarum suprema lex. Egli deve fare ciò che salva le anime,
lasciare ciò che le danneggia. Secondo questo criterio sono formulate le leggi ecclesiastiche circa i beni materiali dei sacerdoti: secondo il medesimo criterio devonsi interpretare: secondo esso ancora il Sacerdote sarà ora alquanto generoso ed ora alquanto più economico.
Messo tale principio, discendiamo alla pratica.