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Giacomo Alberione, SSP Appunti di Teologia Pastorale - II edizione IntraText CT - Lettura del testo |
§ 2. – Massaio, affittavolo, fattore?
Si parla di quei Sacerdoti, Beneficiati e Parroci che hanno beni stabili. Come li faranno lavorare? Dovranno preferire il massaio, o l’affittavolo od il fattore?
a) Anzitutto per regola generale occorre escludere il far lavorare ordinariamente gli stabili per mezzo di manovali a giornata, come pure il tenere un semplice schiavendaio;2 sarebbe troppo assorbita l’attività del Sacerdote, vi impiegherebbe troppo tempo, si attirerebbe ben sovente critiche, dicerie, grattacapi. L’occupazione prima finirebbe per essere l’interesse materiale e non l’interesse delle anime.
b) Quanto all’affittare: allorché si tratta di beni ecclesiastici vi ha il pericolo che i medesimi vengano sfruttati e depauperati: pericolo più grave per le vigne, minore per i prati e campi: poiché non si possono affittare oltre il triennium frugiferum. Ad evitare tale inconveniente, almeno in parte, vi sono beneficiati che danno a massaio le vigne, affittano invece i prati e campi: altri affittano tutto, ma nel contratto pongono la clausola “che il contratto s’intende rinnovato sempre di tre in tre anni, se le parti non ne faranno parola all’epoca della scadenza”.
Quando però si fosse trovato un buon affittavolo, che in qualche modo, per es. con una parola privata del beneficiato, fosse dal proprio interesse sollecitato ad accudire bene gli stabili: oppure un beneficio avesse soli prati e campi: sembra miglior sistema dar tutto in affitto. Sarà più libero il contadino, più libero il sacerdote: meno ragioni d’urto.
c) Trattandosi specialmente di vigne è conveniente il tenere il massaio: questi essendo cointeressato molto facilmente migliorerà il fondo. Ma qui vi sono eccessi da evitare ed un giusto mezzo da seguire. Sono eccessi: sia far patti troppo grassi pel massaio, sia il lasciarlo così in libertà da creare dei pericolosi precedenti al successore, che forse per le ristrettezze non potrà continuare su tale via e dovrà suscitare dicerie...; sia il mostrarsi troppo avaro verso il massaio, nel contratto, giacché lo si metterà in una quasi necessità di rubare (chi lavora deve pure mangiare); sia il mostrarsi troppo dispiacenti che abbiano molti bambini: può creare dicerie ed essere causa involontaria di peccati; sia il far vedere grettezza nella divisione anche dei più piccoli raccolti, come sono la frutta, le uova, i polli, ecc.; sia l’assisterli continuamente nei loro lavori ed avere ad ogni istante osservazioni a fare; sia il lasciare che questo facciano le persone di servizio o i proprii parenti.
Il giusto mezzo invece si è: di andar molto a rilento nell’accettare un massaio, accertandosi bene prima della sua moralità e religiosità: poi, accettatolo, esercitare su di esso una sorveglianza alta, non minuta, mostrandogli moderatamente la propria fiducia: infine non licenziarlo se non per cause veramente gravi. Conosco un beneficio tenuto da oltre cinquant’anni
dallo stesso massaio, un altro da oltre novant’anni: massai e beneficiati, seguendosi questo giusto mezzo, sono contenti a vicenda.
Notisi però che il buon massaio ha pure gli invidiosi, alle cui calunnie il beneficiato non dovrà credere; e di più: con moderazione il beneficiato deve inculcare ai massai che siano cristiani veramente praticanti e modelli per gli altri.
d) Il fattore: può essere un aiuto specialmente se per qualche tempo si tenesse un semplice schiavendaio, o si facesse lavorare gli stabili con giornalieri: il Sacerdote sarebbe più libero da ogni preoccupazione. Ma è un sistema che non manca di inconvenienti: poiché può accadere di dover poi sorvegliare fattore e contadini; ciò che il fattore riceve di stipendio è tolto al beneficiato, che resta privato di mezzi al bene spirituale. In ogni caso il fattore deve essere uomo di provata condotta, deve essere sorvegliato, non deve prendersi se non quando il beneficio sia molto pingue.
E solo nel caso di un beneficio provvisto di molti stabili e di stabili dispersi sarà conveniente dare tutti gli stabili in affitto ad alcuno, perché subaffitti: poiché gli stabili d’ordinario saranno meno curati e si riverserà sopra il parroco una parte dell’odiosità che forse s’attirerà l’affittavolo generale.