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Giacomo Alberione, SSP
Appunti di Teologia Pastorale - II edizione

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§ 6. – Tra parroco e autorità comunali

Senza dubbio il parroco è la prima autorità nel paese: sopra di lui pesa la responsabilità della cura pastorale: ed in questo avrebbe bisogno d’avere docili ai suoi voleri, per ciò che riguarda il suo altissimo


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ufficio, tutte le persone rivestite d’autorità nel paese. E sarebbe certamente un gran vantaggio questo per le anime. Per ottenere tale scopo si suggeriscono diverse precauzioni per il parroco.

Anzitutto non ingerirsi d’ordinario nelle cose puramente materiali del comune: si potranno dare dei consigli, inculcare il principio della responsabilità che gli amministratori hanno innanzi a Dio, lasciare che si intromettano di più i Sacerdoti non dimoranti in canonica, ecc. Ma la vera missione d’un parroco non è sostenere un partito come tale, procurare strade, ponti, [o che] si trasporti il palazzo comunale, ecc.: queste cose egli deve giudicare dal punto di vista dell’interesse spirituale. Se favorire un progetto suona attirarsi l’affezione di tutta la popolazione, portando un vero vantaggio anche solo indirettamente morale, lo farà: se invece suona suscitare discordie, partiti, malumori contro di sé, non lo farà. È vero che entra ancor egli nel numero dei contribuenti, cui toccherà subire le conseguenze d’una amministrazione cattiva; ma quando si tratta del solo interesse materiale, con certo o probabile danno spirituale, sarà bene sacrificarlo per l’interesse spirituale.

Inoltre cerchi egli di tenersi, per quanto è possibile, in buone relazioni cogli amministratori, specialmente se molto influenti ed onesti. Potrà farlo mostrando ad essi il dovuto rispetto, lodandoli nelle occasioni convenienti, accettando i loro inviti a feste e a pranzi, sempre che siano decorosi pel sacerdote, invitandoli pure da sua parte qualche volta, sia a distribuzioni di premi pel catechismo, sia a tavola nelle occasioni principali, per es. di visita pastorale, di feste di onomastico, ecc.


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Se nascono differenze di vedute in cose che influiscono nello spirituale, prima delle filippiche o satire dal pulpito e sui giornali, cerchi una amichevole composizione, con visita, col parlare a tu per tu, diffidando delle relazioni e degli intermediari. Quante discordie si possono risparmiare in tal modo! Quanti fraintesi! Quanto danno alle anime! Che se si potesse andare più avanti e fare addirittura del bene agli amministratori, come individui, servendoli in cose private, le loro mani sarebbero legate dall’obbligo della riconoscenza verso il parroco.

Ed in caso che tutte queste vie fossero inutili e che ne andasse di mezzo il vero bene spirituale delle anime? Vi è da ponderare se sia minor male quello che al parroco toccherebbe subire o quello di una lotta aperta. In questo un sacerdote-parroco non potrà giudicare da solo: gli è necessario il consiglio dei pratici e specialmente dei Superiori.

Ed anche con questo consiglio il Sacerdote deve mostrare chiaramente che la sua non è lotta di personalità o di interesse materiale, ma una lotta serena, di principii, per coscienza, e pel bene spirituale. Sia fermo, ma anche generoso: non si lasci trasportare ad invettive, non si valga del trionfo per umiliare gli avversari e vendicarsene. Sconfitto, dia esempio di fermezza e spirito di sacrificio. Troppo spesso uomini anche virtuosi, per altri riguardi, non sono educati alle virtù sociali, che richieggono più umiltà e spirito di mortificazione che non le stesse virtù domestiche. Così operando si vincerà il male col bene e si guadagneranno i cuori e le anime.




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