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Giacomo Alberione, SSP Appunti di Teologia Pastorale - II edizione IntraText CT - Lettura del testo |
§ 3. – Norme ai cappellani
È sembrato utile moltiplicare le cappelle campestri, allo scopo anche quasi unico di provvedere i borghigiani d’una Messa festiva. Ma oramai tutti sanno quali incomodi gravissimi apporti seco una pratica simile: incomodi al prete, incomodi alla popolazione. Incomodi al prete che spesso sente avvilita la propria dignità, trovandosi quasi alla mercé di pochi contadini che vogliono comandargli in ogni cosa, trattandolo quasi fosse un servo: incomodi al sacerdote,
sovente ridotto ad una vita poverissima, solitaria, triste, piena di pericoli. Incomodi alla popolazione, che finisce per tenersi paga d’un po’ di Messa, ascoltata alla peggio, alla domenica: popolazione che intanto è ignorante in religione, abbandona i sacramenti, non si lascia più guidare dal parroco, passa i giorni festivi nel vizio e nei divertimenti pericolosi.
Ad ovviare a questi inconvenienti in alcune diocesi si è promossa un’inchiesta e vennero proposti diversi mezzi:9
1° Che i borghigiani non trattino direttamente col loro futuro cappellano circa le condizioni e lo stipendio: ma si rivolgano alla Curia Vescovile, la quale esigerà un onorario sufficiente e anticipato: destinerà il sacerdote che crederà più opportuno: imporrà condizioni perché non resti, come oggi, alla balia dei capricci dei borghigiani il cambiare il cappellano, l’orario delle funzioni, ecc.
2° Che i cappellani coabitino col parroco ogni volta che sarà possibile e conveniente, sia avendo riguardo alle distanze, come al numero dei borghigiani. In molti luoghi basterà che si rechino nei giorni festivi alla cappella.
3° Che vi sia una specie di concorso anche per le cappelle migliori, specialmente ove il clero è numeroso.
4° Che pei cappellani delle borgate più numerose e più lontane dal centro vi sia la residenza, il diritto e il dovere di compiere nelle domeniche ordinarie le funzioni parrocchiali.
5° Che il numero di tali cappelle sia diminuito il più possibile: che i cappellani si adoperino ed i parroci non ostacolino perché siano cambiate in parrocchie
filiali. È il bene delle anime che deve regolare la condotta del Sacerdote in queste cose, non il bene proprio, l’onore, l’interesse, ecc.
Ma siccome l’adottare questi mezzi in gran parte non istà nelle mani dei cappellani stessi, si suggeriranno loro alcune cose più facili.
Non riducano essi la propria vita e il proprio ministero ad una Messa festiva: ma si adoperino il più possibile:
a) Per conservare il SS. Sacramento nella propria cappella, tenendo poi la chiesa aperta lungo il giorno, se la prudenza lo permette. Che vita misera per un sacerdote: non avere la compagnia di Gesù Cristo!
b) Per promuovere anche nei giorni feriali la frequenza ai SS. Sacramenti.
c) Per avere nei dì festivi le funzioni vespertine, specialmente la facoltà di tenere il catechismo ai fanciulli e quello ragionato agli adulti.
d) Per rendersi abili alla predicazione e così poter ancora venire invitati in altri luoghi ad esercitare tale ministero.
e) Per continuare ad istruirsi collo studio, a tenersi in relazione buona coi sacerdoti vicini, a occupare sempre il tempo in cose direttamente o indirettamente utili.