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Giacomo Alberione, SSP Appunti di Teologia Pastorale - II edizione IntraText CT - Lettura del testo |
III. ATP nella teologia pastorale del tempo
1. Il contesto generale.40 Per una comprensione ed una collocazione più adeguata di ATP, ci sembra opportuno delineare ulteriormente alcuni tratti della riflessione teologico-pastorale di fine Ottocento, che influiscono su don Alberione. Il periodo che va dalla metà dell’Ottocento alla metà circa del Novecento è caratterizzato da una abbondante produzione di manuali di TP.
In essi troviamo una comune visione ecclesiologica, ereditata dalla tradizione post-tridentina e dal Concilio Vaticano I, che intende «costruire la Chiesa intorno al Papa, principio dell’autorità e dell’unità ed ultima garanzia della sua autenticità».41 È chiaro che, in questo schema interpretativo, i fedeli risultano oggetto e non soggetto dell’azione pastorale della Chiesa.
Anche la dimensione pneumatologica rimane in ombra, mentre quella cristologica è presente in modo significativo. Cristo istituisce la Chiesa e le conferisce la sua autorità e il suo triplice potere: di Magistero, di Giurisdizione e di Ordine.
Questa concezione ecclesiologica, fortemente giuridica e gerarchica, impronta la formazione seminaristica di generazioni di sacerdoti e pastori, e caratterizza conseguentemente i manuali di TP. I lineamenti qualificanti di tale teologia si possono così sintetizzare:
– L’attività pastorale è essenzialmente la “cura d’anime”, cioè l’insieme dei ministeri ecclesiastici che portano le singole anime più che le persone concrete alla salvezza.42 A questa definizione soggiace una visione antropologica dualista e una concezione riduttiva della salvezza, che sembra ignorare l’elemento corporeo a vantaggio quasi esclusivo dell’anima.
– La cura pastorale si specifica in funzione delle “anime” individualmente considerate, mentre la comunità è concepita come una somma di individualità.43 Non si evidenzia il duplice precetto dell’amore a Dio e al prossimo, cioè al mondo.
– Il destinatario di questa “cura” è l’uomo decaduto, che ha necessità di conoscere Dio e se stesso, ha bisogno della grazia e deve poter accedere a tutti i beni salvifici.44 La risposta a queste tre esigenze viene specificamente dalla sola predicazione della parola e dall’amministrazione dei sacramenti, assicurate entrambe da norme ecclesiastiche.
– La figura dell’operatore pastorale, nella visione tipica fin qui presentata, si stabilisce e si determina esclusivamente in relazione al sacerdote, legata cioè alla sua consacrazione e missione presbiterale, nonché alla sua santità e preparazione personale. Questa figura di “sacerdote-pastore”45 è caratterizzata dalla triplice dimensione magisteriale-sacerdotale-regale, propria solo dei poteri ecclesiastici.
– La metodologia adottata dalla maggioranza dei manuali è piuttosto approssimativa, senza pretese scientifiche, considerando la materia come semplice introduzione alla prassi concreta, ad uso del pastore e del suo gregge.46 I pochi manuali che rivendicano una precisa intenzione scientifica, definiscono la pastorale come la scienza che applica i principi della dogmatica e della morale alla pratica del ministero.47
– Le fonti della TP sono costituite dalla Scrittura, spesso citata dogmaticamente, avulsa dal suo contesto storico-letterario, dagli atti conciliari e sinodali, dai libri canonici e, non raramente, dalle esperienze di Santi o grandi Pastori di anime. Solo nel momento applicativo si ricorre alle scienze positive circa la situazione concreta nei suoi vari aspetti: psicologia, pedagogia e talvolta anche medicina per quanto riguarda la situazione del soggetto; statistica e sociologia per la conoscenza dei fattori socio-economici e culturali.48