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Giacomo Alberione, SSP Appunti di Teologia Pastorale - II edizione IntraText CT - Lettura del testo |
2. Il contesto italiano. Al tempo in cui don Alberione scriveva i suoi Appunti, in Italia non esisteva una forte teoria pastorale. Circolavano invece manualetti che riscuotevano più o meno successo e i cui contenuti erano conservatori. Una nota particolare richiede il contesto storico, caratterizzato dalla politica di uno stato che difende ad ogni costo la sua laicità e dalla reazione di una comunità ecclesiale non ancora libera da una logica di difesa del potere temporale. In questo contesto la riflessione pastorale si colloca fuori dall’ambito universitario, a differenza di quel che avviene contemporaneamente nei paesi di lingua tedesca dove le scienze religiose hanno cittadinanza nelle università civili. In Italia la pastorale si orienta lungo due direttrici: quella ascetico-spirituale e quella giuridica.
Testo emblematico ne è il Manuale pratico del parroco novello,49 scritto da Giuseppe Frassinetti, priore di S. Sabina in Genova e fondatore dei Figli di Maria Immacolata, nonché autore di diverse opere ascetiche. Il volume, pubblicato nel 1863, raggiunse nel 1964 la dodicesima edizione.50 Nato dall’esperienza di “trent’anni” di ministero pastorale, il volume è presentato ai «parrochi novelli colla libertà d’un fratello anziano che loro può dire: voi freschi di studi, mi avanzerete nelle cognizioni teoriche, ma nella pratica m’avantaggio sopra di voi».51
Nei primi decenni del secolo XX si distinguono E. Berardi, che nel 1902 pubblica Theologia Pastoralis, e A. Micheletti, con il suo De Pastore animarum, edito nel 1912.52 Redatti in latino, i due manuali si rivolgono al clero in cura d’anime e ne descrivono le caratteristiche e i doveri fondamentali.
Altri autori, come Giuseppe Calandruccio, Giuseppe Bartolotti e Giuseppe Corazzini,53 offrono riflessioni di carattere più strettamente giuridico-canonico. Nel 1917 appare un’opera di mons. Fortunato De Santa, vescovo di Sessa Aurunca: Spunti di teologia pastorale, che nel 1926 esce già in IV edizione ampliata e corretta.54 Dopo la pubblicazione del Codice di Diritto Canonico (1917), altri pastoralisti aggiornano la riflessione sulla pratica pastorale alla nuova normativa. Ricordiamo E. Naddeo, che nel 1922 pubblica Il vero pastore di anime, in due volumi, e soprattutto G. Stocchiero, con Pratica Pastorale.55 Pubblicato nel 1921, questo libro venne accolto dal clero italiano con molto favore, come dimostrano le numerose edizioni e la loro adozione nei seminari fino al Vaticano II.
Grande influenza cominciano finalmente ad esercitare anche in Italia due pastoralisti tedeschi, C. Krieg e H. Swoboda,56 le cui opere erano già state tradotte nei primi due decenni del secolo XX. Il Krieg si raccomandava per il rigore scientifico con cui strutturava la materia e per l’argomentazione atta a fondare una vera scienza pastorale; lo Swoboda, per l’apertura ai problemi socio-pastorali della parrocchia, specialmente di città, ormai segnata dal fenomeno dell’industrializzazione e dai mezzi di comunicazione di massa.
A don Alberione, giovane sacerdote, il libro di Swoboda apparve uno «splendido trattato».57 Così ne presenta l’autore: «Professore all’università di Vienna, ebbe dal suo governo un sussidio considerevole per portarsi in tutte le città principali d’Europa, per studiare lo stato della cura d’anime».58 Con lui condivide la necessità di una conoscenza reale della situazione, prima di elaborare una qualsiasi progettazione. Con lo Swoboda don Alberione è d’accordo soprattutto sull’impiego delle nuove scienze umane per un intervento preciso, efficace e rispondente alla situazione attuale.59
Più ancora C. Krieg è additato ai lettori di ATP come un autore capace di soddisfare gli spiriti più esigenti, desiderosi di trattazioni scientifiche: «Non voglio aspettare più innanzi a ricordare l’opera migliore che possediamo attualmente di pastorale: Krieg, Scienza Pastorale...».60
Don Alberione non si ferma tuttavia ai due pastoralisti tedeschi. Ciascun operatore pastorale deve secondo lui trovare i propri maestri più convincenti nei santi-pastori del passato, come sant’Alfonso,61 san Carlo Borromeo, san Francesco di Sales, san Giovanni Bosco, il Cottolengo e il Curato d’Ars. Il pastore d’anime dovrebbe inoltre alimentarsi alle opere spirituali di san Giuliano Eymard, di sant’Ignazio di Loyola e del Faber. Ovviamente non sono ignorate le Sacre Scritture e i Padri della Chiesa, oltre ai grandi Pastori, pur enunciati senza alcuna preoccupazione di contestualizzazione storica o geografica.