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Giacomo Alberione, SSP Appunti di Teologia Pastorale - II edizione IntraText CT - Lettura del testo |
3. Temi specifici. Quanto alle idee dominanti in ATP, dobbiamo riconoscere che le dipendenze, i legami, gli stessi limiti evidenziati in queste pagine, non possono oscurare il contributo che don Alberione ha cercato di dare alla riflessione pastorale nella Chiesa del suo tempo pre-Vaticano II.
L’Autore apre ambiti di riflessione legati alla sua esperienza, fin dall’età giovanile (non esclusa una personale crisi vissuta da seminarista), e connessi inoltre alla sua sensibilità, nonché al suo coraggio di affrontare e cercare risposta alle sfide emergenti dal progresso. In ATP si coglie la capacità dell’Autore di adattarsi continuamente all’evoluzione in atto.
In questo senso, don Alberione fa propria la definizione di pastorale enunciata dallo Swoboda come «l’azione di Gesù Cristo e della Chiesa, esercitata dal sacerdozio per la salvezza delle anime»;88 ma aggiunge subito, quasi per esplicitare la concisa definizione: «È quel ministero stesso che Gesù Cristo volle esercitare nella Palestina: Veni ut vitam habeant et abundantius habeant, ed ora vuole adempito da quelli cui disse: Sicut misit me Pater et ego mitto vos».89 In questo modo egli pone il ministero pastorale della Chiesa in relazione di continuità con quello di Cristo, motivato da un’unica ansia, trasmettere la Vita, e fondato su un’unica missione proveniente dalla volontà salvifica del Padre.
La prospettiva di don Alberione non è quindi meramente giuridico-istituzionale, ma dichiaratamente evangelica, missionaria, mossa dall’ansia pastorale di un apostolo che si ispira a san Paolo.
Particolare attenzione merita l’obiettivo della pastorale, che è presentato come un iter di progressivo accostamento del fedele a Cristo, anzi del suo inserimento in lui: «far l’uomo cristiano nella mente, nel cuore, nelle opere»90 fino alla sua totale cristificazione personale e sociale.
Questa formulazione, che l’Autore svilupperà successivamente in altre opere,91 è qui appena accennata, ma già manifesta l’adozione del metodo via-verità-vita, destinato a sostenere spiritualità e formazione dei membri della Famiglia Paolina, nonché la loro attività pastorale.92
Altro elemento caratteristico di ATP è l’insistenza sul fatto che destinatari della pastorale sono tutti i membri del popolo di Dio, con una particolare attenzione alla componente maschile, gli uomini, spesso i più lontani dalla Chiesa. Il sacerdote-pastore «deve aver di mira tutta la massa del popolo. In troppi luoghi... il parroco non si occupa che di un piccolo gruppo di anime divote... Il parroco è pastore di tutti: deve pur lasciare le novantanove pecorelle sicure per rintracciare l’unica smarrita: tanto più quando le pecorelle sicure sono un pusillus grex e le smarrite sono più numerose».93
Il pastore, inviato a tutto il popolo, deve dunque operare una duplice conversione:
– rispetto ai destinatari: non più identificabili con piccoli gruppi che già frequentano abitualmente la chiesa, ma con tutti gli abitanti della parrocchia;
– rispetto al suo ruolo: non più solo di presiedere al culto a cui partecipano i devoti, ma di intraprendere una ricerca dei lontani e favorire le occasioni di incontro con loro.
Don Alberione intuisce l’urgenza di superare gli angusti spazi di certe parrocchie.94 Cerca di mantenere in equilibrio il rapporto massa-individuo e mentre è preoccupato di far giungere ad ogni persona la parola che salva, si pone l’interrogativo: «Come rendere fruttuosa la predicazione anche per chi non è a sentirla? È un grave inconveniente nella cura d’anime in molte città aver di mira nell’azione pastorale quel solo gruppo dei già convertiti e non gli altri che ne abbisognano molto di più. Ora per questi... specialmente si può far giungere un buon foglio».95 La stampa è dunque un valido strumento pastorale.
In verità già lo Swoboda affrontava questa problematica e invitava a mantenere in equilibrio i due termini del rapporto attraverso «un’azione speciale sulle diverse classi sociali».96 L’individuo è riconosciuto e raggiunto all’interno del suo ceto sociale. Don Alberione evidenzia a sua volta questa argomentazione e condivide la proposta di superare facili assolutizzazioni attraverso un’impostazione attenta alle varie classi sociali.97 Nello stesso tempo, però, coglie dal contesto una nuova istanza, la possibilità cioè di attendere alla “massa” con mezzi diversi da quelli tradizionali: «far giungere un buon foglio».