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Giacomo Alberione, SSP Appunti di Teologia Pastorale - II edizione IntraText CT - Lettura del testo |
§ 6. – Testamento
Che occorra farlo, tutti sono persuasi: spesso vi sono anche obblighi gravissimi di coscienza, come quando esistono debiti da denunziare agli eredi. Ma quel che importa in pratica è il farlo per tempo: poiché questa è una regola che si predica da tutti, ma che s’eseguisce da pochi. Eppure quanti mali si eviterebbero se si osservasse! La morte inganna; vecchi od infermi non si gode più di quella lucidità di mente e di quella libertà che sarebbero necessarie.
Regola: Farlo appena si è in grado di disporre di qualcosa: mutando le circostanze, si potrà mutare anche il testamento con ogni facilità.
In che modo? Al Sacerdote in generale è più conveniente farlo olografo. Si scriva con periodi brevi e chiari; si evitino le parole ambigue, massime trattandosi di legati.
Chi istituire eredi? Generalmente parlando, credo buona norma lasciare i beni provenienti dalla famiglia ai parenti, e quelli pervenuti al Sacerdote per ragione del proprio ministero ad opere pie o per uso pio. Ma quante eccezioni! Può avvenire che i parenti siano molto poveri e allora sarà decoroso favorirli alquanto più: può accadere che siano molto ricchi e
allora basterà meno. In ogni caso, anche quando un Sacerdote non avesse beni di famiglia, è conveniente che non dimentichi totalmente i parenti, se prossimi.
Con che ordine e in che modo pensare alle opere pie? Vi possono essere ragioni particolari: il parroco è conveniente pensi prima alla parrocchia, il cappellano dell’ospedale prima all’ospedale, il presidente dell’asilo prima all’asilo, quando tali enti siano bisognosi.
Tolte o provveduto a queste necessità particolari, si potrà seguire l’ordine proposto di sopra, parlando della distribuzione delle elemosine durante la vita.
A questo punto vi sarebbero molte cose da notare circa il lasciare eredi o legatarie queste opere pie: poiché molte non sono riconosciute civilmente come enti morali: vi sono imposte enormi di successione: i parenti potrebbero fare opposizione ad alcuni legati: almeno potrebbero maledire cento volte la generosità del testatore... I pratici sanno perché scrivo queste cose. Mi limito a suggerire pochi avvisi:
1) Fatto il testamento, lo si faccia vedere a persona esperta, di coscienza, che possibilmente conosca il diritto civile, meglio all’Autorità diocesana.
2) Allorché si vuole istituire erede un’opera pia, riconosciuta o no come ente morale, sarà bene quasi sempre fingere una vendita, se si tratta di stabili, ovvero dare brevi manu i denari o i titoli, se si tratta di beni mobili. Ove si veda opportuno si può anche fare questo per interposta persona. Privatamente avverrà l’accordo che il donante potrà esigere gli interessi ed in generale il reddito sua vita durante.
3) Che se si vuol lasciare il proprio per testamento è prudenza scrivere separatamente ciò che si vuole diventi pubblico da ciò che si vuole resti
sconosciuto, o almeno al coperto dalle imposte di successione: tanto più i legati fiduciarî: in modo però che quando vi fossero opposizioni vi siano i requisiti perché un’aggiunta possa prodursi innanzi alle autorità civili.
Ed a questo riguardo non è consigliabile fidarsi dei parenti, ancorché molto affezionati: il desiderio di maggiori utili li spinge talvolta ad eccessi del tutto insospettati.
4) Quando si scrive o si detta il proprio testamento è opportuno aggiungere ad un legato importante una dichiarazione concepita presso a poco in questi termini: «questo intendo non venga annullato da testamenti successivi, se non lo nominerò espressamente». È conveniente, poiché può avvenire di dover poi fare un testamento pubblico in cui non si vorrà parlarne.
Come conservare il testamento? Generalmente nessuno sarà miglior custode dell’interessato. Ma si potrà tenerne due copie: una presso questi, l’altra presso il testatore.
Ed alla custodia d’un testamento ci si badi molto: quante volte ne vengono fatti scomparire!