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Giacomo Alberione, SSP
Appunti di Teologia Pastorale - II edizione

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§ 10. – Tra parroco e famiglie

Un Sacerdote, specialmente parroco, è il padre delle anime a lui affidate da Dio: e S. Paolo vendicava con santo orgoglio questo titolo scrivendo ai suoi figli spirituali: Se voi aveste pure moltissimi maestri ricordatevi che io solo sono il vostro padre, avendovi


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generato col Vangelo.15 Padre, perché genera i figli alla vita spirituale col battesimo: padre, perché nutre tale vita coll’istruzione e coll’Eucarestia: padre perché la ridona, perduta, colla penitenza: padre, perché non può abbandonare le anime, sinché non siano già in cielo sicure della vita eterna. È padre spirituale: dunque deve vivere in mezzo al popolo come un buon padre, deve avere colle anime rapporti intimi e tutti per il bene eterno. Di qui due norme generali:

1. Un Sacerdote-parroco avrà cura di evitare quella vita così solitaria da consumarsi quasi tutta fra i muri della canonica, appartato, insensibile o allo scuro di quanto passa nella popolazione: pericoli, gioie, dolori, ecc. Il padre ed il pastore non sono così. Il padre pensa sempre ai figli: il pastore conosce bene le sue pecorelle. S. Paolo diceva che aveva pianto con chi piangeva, aveva goduto con chi era contento:16 era passato di casa in casa a darvi avvisi e predicare; i santi sacerdoti erano uomini di ritiro e di preghiera, ma insieme di carità espansiva, di zelo industrioso in intime relazioni con il popolo.

2. Un Sacerdote deve pure schivare un altro eccesso: entrare nelle famiglie per fini umani; perché là trova una conversazione geniale: perché là si possono scroccare pranzi e vuotar bottiglie: perché là si possono consumare lunghe veglie o lunghe ore in ozio, in critiche, in bagatelle, o peggio. Il preferire famiglia a famiglia, il prendere parte a feste per matrimoni o battesimi, sono cose ripiene di pericoli per un Sacerdote! Oh quante osservazioni non potrebbero fare quelli che hanno l’esperienza! Quanti tristi fatti non potrebbero raccontare a questo riguardo!

In entrambi questi eccessi dove se ne andrebbe la


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cura pastorale? Il primo la sterilizza, il secondo la rovina quasi del tutto.

Veniamo ora a diverse norme pratiche.

Anzitutto: conviene visitare le famiglie? Di regola generale si risponde affermativamente. In Germania, in Inghilterra ed oggi anche già alquanto in Francia, il parroco, o chi per esso, specialmente il vice-curato, visita diverse volte tutte le singole famiglie in ogni anno: anzi in molti luoghi in tutti i mesi e più spesso ancora. Perché? Per conoscerle personalmente: per conoscerne tutti i bisogni materiali e spirituali, i pericoli, il numero ed il grado di istruzione religiosa: per osservare che giornali e libri circolano: per portare un avviso pel catechismo: per far penetrare una buona parola, un consiglio, ecc.; per accertarsi che tutti prendano parte alle funzioni principali, agli Esercizi spirituali, ecc.

E da noi conviene o no tal sistema? Conviene quanto negli altri luoghi, notando però: che le parrocchie, essendo generalmente più piccole, più presto se ne possono conoscere i parrocchiani: che in città le visite son più necessarie che non nelle campagne: che vi sono anche altri mezzi per lo stesso scopo, mezzi che non si hanno in altre nazioni.

Ho detto tuttavia che anche in Italia sono convenienti tali visite: a) se il parroco vuole avere una giusta conoscenza dei bisogni d’ogni famiglia ed individuo e non crearsi delle perniciose illusioni, giudicando la sua popolazione da quella parte migliore che egli confessa, o dal modo onde la vede accorrere e stare in chiesa.

b) Se vuole, nelle sue prediche e negli avvisi al confessionale, poter dire solo e tutto quello che è


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necessario al popolo. Gli avvisi stereotipati e le prediche fatte tutte a tavolino, o studiate sui libri, lasciano per lo più il tempo che trovano, non rispondendo ai veri bisogni e sentimenti degli uditori.

c) Se si desidera dirigere la sua opera pastorale non al piccolo gregge di anime pie, ma a tutta la popolazione e specialmente a quella che è così malata da non sentire più il male ed il bisogno del medico spirituale. Si ricordi un Sacerdote che Gesù Cristo correva appresso alla pecorella smarrita, lasciando le altre novantanove già in sicuro; si ricordi che Gesù Cristo disse chiaro: Non hanno bisogno del medico i sani ma bensì gli infermi.17

d) Se dunque vuol imitare il modello divino deve come Lui andare agli infermi spirituali, come Lui andare alle famiglie, come Lui trattare con tutti, come Lui forse anche invitarsi non invitato.

e) Se desidera far vero frutto nella popolazione. Quel fare aristocratico di parte del clero francese, sino a qualche tempo fa, fu causa che la Francia, in fatto di religione pratica, divenisse quello che è. La religione, diceva un Sacerdote francese, presso di noi non è più una vita che si vive, ma una veste di lusso che si indossa in certe circostanze, per es., al battesimo, allo sposalizio, per sepolture. Come si invita la banda musicale, così il prete, non perché santifichi, ma perché compia l’apparato...: ma gli individui, le famiglie, la nazione sono in fatto di pensiero e di costumi senza religione.

Il Sacerdote può predicare a gente che giunta a casa si trova con un giornalaccio, che predicherà ogni dì e col lenocinio delle passioni più di lui. Che gioverà?


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Curi il male in radice, entri nelle case, senza l’aspetto di far l’inquisitore, ma da padre; studi, esamini, si prenda nota, poi a poco a poco cambi giornale o almeno accanto al cattivo ne metta uno buono, ecc.

Ma quanto sovente tali visite? Secondo il bisogno, il numero della popolazione, le occupazioni del Sacerdote, la conoscenza che ha della parrocchia, ecc. Per es.: è ottima cosa che un parroco, nell’ingresso parrocchiale, annunzi che vorrà fare la conoscenza personale dei suoi figli, visitandoli tutti; poi nei primi giorni di libertà incominci il giro, avendo riguardo alle convenienze sociali. È conveniente le visiti poi di nuovo due o tre volte nell’anno con qualche scusa: per es. per compire lo stato d’anime, per raccogliere gli abbonamenti e per portare egli stesso qualche volta il bollettino parrocchiale, per invitare tutti agli Esercizi spirituali, come ho detto di sopra, ed anche solo per motivo di benevolenza, per vederli qualche volta, ecc. Né basta che un parroco conosca già personalmente i suoi figli, i loro pericoli: in pochi anni le condizioni morali potrebbero cambiare assai e nella casa potrebbe penetrare un male prima ignorato.

Ed in che modo tali visite? Non bisogna andare a casaccio: si farebbe molta fatica e forse più male che bene. Da noi gli inconvenienti venuti dalle visite fatte male sono così numerosi e il bene così poco in generale, che si è finito per raccomandare quasi unicamente di star ritirati. Badiamo dunque al modo. a) Formarsi una specie di programma, ordinando bene il fine da proporsi ed i mezzi per raggiungerli. E qui alcuni si fanno per iscritto un casellario da riempire, non innanzi alla gente d’ordinario, ma giunti a casa.


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I punti di tal casellario potrebbero essere: di quante e quali persone consti la famiglia: se in essa vi furono mutazioni dall’ultima visita: come siano rispetto alla religione (praticanti, indifferenti, cattivi): quali pericoli abbiano in fatto di religione, nelle occupazioni, in ciò che leggono, chi frequentino, ecc.: quali siano le condizioni economiche e se abbisognano di soccorsi: quali errori serpeggino in generale: quali i vizi più comuni: quale bene morale si potrebbe loro fare: quali servizi potrebbero rendere al parroco: osservazioni particolari. Vi sono alcuni, che hanno un vero registro, altri tanti cartellini quante le famiglie, ordinate per lettera d’alfabeto: registri e cartellini che si possono correggere ogni volta che se ne riconosca il bisogno nelle visite.

Ciò fatto si può scegliere il tempo più conveniente per la popolazione specialmente quelle ore in cui la famiglia è radunata: poi, giorno per giorno, leggendo prima ciò che già ha registrato nelle visite precedenti, passare un certo numero di famiglie. Le visite hanno da essere brevi, non accettando da bere o altro, per principio, anche dichiarato dal pulpito; i discorsi con arte siano fatti cadere su ciò che ha bisogno di sapere, senza però che s’avvedano di quanto è meglio non sappiano; distribuisca a tutti saluti affettuosi, strette di mano, non dia soggezione, mostri un fare spigliato, faceto, che ispiri confidenza; a tutti dica una parola buona; accarezzi molto i piccoli, regali immagini, medaglie, dolci; si interessi e discorra volentieri delle cose loro, parlando di ciò che al popolo sta più a cuore: non disdegni, anzi chieda qualche volta di visitare la stalla, la cantina, ecc. Potrà, uscito da una casa, annotare subito qualcosa che potrebbe


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dimenticare, poi passare ad altre ed altre, in modo da compiere in breve un lavoro che per sé è lungo e richiede, fatto in tal modo, un vero spirito di sacrificio. Giunto a casa compirà gli abbozzi.

Se un parroco avesse già intenzione di fondare una opera, per es., un ospedale, ovvero di sostenere un circolo, ecc., potrebbe servirsi del giro per accertarsi della convenienza e delle disposizioni del popolo a quel riguardo.

Tutto questo costerà vera fatica: molti lo crederanno anzi inutile e dannoso. Ma se si proverà una volta, specialmente all’inizio del ministero pastorale, vedendone in seguito i frutti buoni, non si smetterà più. Ed un parroco così facendo non avrà certo l’odio della popolazione, non sbaglierà nel dirigerla e sarà il vero padre e pastore.

Oltre a questa norma ve ne hanno altre pure utili per conoscere intimamente le famiglie.

Usare sempre una dignitosa e paterna affabilità: con tutti, specialmente se uomini, se poveri, se infermi; quando vengono a parlargli ed a fargli visita; quando li incontra per via o dinnanzi alla chiesa dopo le funzioni. Prendere parte alle sventure ed alle gioie pubbliche e private, mostrando tali sentimenti anche dal pulpito, se si tratta di cose pubbliche, in privato se si tratta di cose particolari. Qualche volta saper offrire un bicchier di vino, poiché una bottiglia spesso fa dei miracoli di bene; astenersi sempre che non sia necessario da ricordare e rinfacciare difetti; non invitare secolari a far la partita in canonica, specialmente alla sera; non preferire famiglie e persone particolari, ecc., se non per necessità e con moderazione: per es. visitando di più il sindaco, il maestro,


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il medico, ecc., perché più influenti e più degni di riguardo.

Vivere insomma della vita del popolo; non pretendere con fare aristocratico, asciutto, tutto sussiego e maestà che ci venerino come semidei. Bisogna essere semidei di bontà, di carità, di affabilità e saremo come tali venerati ed amati, saremo i confidenti di tutti, saremo da tutti ricercati.

Il vice-curato potrà inaugurare tale metodo o semplicemente mettersi in relazione con alcune famiglie del paese? No: inaugurare il metodo spetta al parroco e visitare spesso famiglie particolari, scrivere, ecc., è sempre pericoloso, dannoso, imprudente. E questo tanto più quando in paese circolassero voci contro il parroco, quando egli andasse colà a sfogare la bile sua contro il parroco, quando fosse già trasferito altrove nonostante il suo rincrescimento.




15 Cf 1Cor 4,15.



16 Cf Rm 12,15.



17 Cf Mt 9,12.






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