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Giacomo Alberione, SSP Appunti di Teologia Pastorale - II edizione IntraText CT - Lettura del testo |
§ 9. – Condotta del confessore
1° Prima di entrare in confessionale occorre pregare, perché ciò che si compie in tale ministero è quanto vi può essere di grande sulla terra: perché tale raccoglimento fa ottima impressione sul popolo: perché i penitenti si succederanno, spesso, senza interruzione e il confessore, trovandosi impreparato a tutti i bisogni, a tanti casi, a tanti caratteri diversi ha gran bisogno della grazia e dei lumi di Dio: perché il confessionale potrebbe essere un pericolo pel sacerdote. La preghiera da farsi potrebbe essere un’Ave, un Angele Dei, un Veni Sancte Spiritus, un Pater, ecc., ovvero: Adiuva me, Domine Deus, ut alios salvem, me ipsum non perdam;9 potrà dire quelle preghiere che si leggono della sapienza: Da, Domine, sedium tuarum assistricem sapientiam.10 Potrà anche aggiungere: Domine, esto in corde meo et in labiis meis, ut digne ac competenter hoc sanctum ministerium exercere valeam.11 Quindi soggiunga: Actiones nostras, ecc.12 e reciti un’Ave Maria.
Potrà pure tenere presso di sé un piccolo Crocifisso e nel tempo delle confessioni dargli di tanto in tanto un’amorosa occhiata ed un bacio.
Oltre alla preghiera giova preparare alcuni avvisi più generali, principalmente quando si conoscono già almeno in generale i bisogni dei penitenti che attendono: così riusciranno avvisi brevi, vivi, pratici.
2° In confessionale il sacerdote dovrebbe osservare molte regole, quanto al modo di parlare, alle cose da dire, a non fissare chi si confessa o attende, specie se si tratta di donne, ecc.: ma troppe regole fanno uscire di regola. Credo basti una: si figuri, come del resto è davvero nei poteri e nell’ufficio, di essere Gesù Cristo: accolga con quella modestia, tratti con quella carità, compatisca e sia forte come era Gesù Cristo coi peccatori. Come farebbe Gesù Cristo nei miei casi? questo basterà per tutto.
3° Dopo la confessione si eviti di tornarvi sopra, sia col pensiero (eccettuata una vera necessità o convenienza), sia col parlarne. Oh! quanto male fa il discorrere di confessione e precisamente dei casi de sexto, anche supposto, come del resto avviene, che rimanga sufficientemente tutelato il sigillo sacramentale. Male pel sacerdote, malissimo per i secolari, se mai sentissero. Eppure in alcune canoniche particolarmente, durante missioni, Esercizi spirituali, ecc. si evita sempre tale difetto? La confessione non si dovrebbe mai nominare se non per vera necessità. I sacerdoti più anziani, e forse qualche volta anche i non anziani, farebbero una vera carità ad avvisare chi ha molta inclinazione a tal mancanza... Questo difetto è principalmente facile tra i giovani sacerdoti. Dio non voglia che indichi rilassatezza de sexto... in colui stesso che così discorre!
Può ben darsi che accada un caso difficile; allora vi sono i libri per consultare, vi sono sacerdoti serii e non leggeri cui parlare: vi è un tempo adatto, che non è quello della tavola, tanto più se a tavola vi fossero più individui... Piuttosto che dare un sospetto sul penitente, piuttosto che screditare la confessione, è assai meglio esporsi al pericolo di risolvere male qualche caso, contentandosi di studiare e pregare.