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Giacomo Alberione, SSP Appunti di Teologia Pastorale - II edizione IntraText CT - Lettura del testo |
3° Riguardo alla esposizione.
a) Prima della predica: è necessario pregare e pregare fervorosamente, ponendo anche un’intenzione nella Messa, nel breviario, nel rosario: raccomandarsi alla Regina degli Apostoli ed agli angeli custodi nostri e degli uditori, perché dispongano i cuori: pensare poi che la preparazione e il lavoro nostro sono nulla se il Signore non dirige la lingua nostra e non tocca i cuori dei fedeli.
Per il corpo poi è importantissimo non crearci troppe necessità e non disturbare tutto il mondo perché si ha da predicare! Essere tanto esigenti nel vitto, pretendere mille riguardi nel trattamento sono cose che annoiano. Averci cura è necessario: per es. non esporsi all’aria fredda...; ma conviene pure avere fiducia in quella Provvidenza che ci manda. Essa che provvede agli uccelli che cinguettano saprà pure provvedere all’apostolo della parola. Per queste troppe attenzioni alcuni predicatori divengono così pesanti che quasi più nessuno li invita: e allorché vanno in qualche parrocchia sono la croce delle persone di servizio.
b) La predica poi si ha da esporre in modo semplice e naturale, senza artifizi e affettazioni. Lo stile sia chiaro, i periodi brevi, le parole intelligibili a tutti. Si devono osservare con grazia e semplicità le regole liturgiche, come sono i segni di croce, lo scoprirsi il capo al nome di Gesù, recitare divotamente e chiaramente le preghiere. La voce deve essere proporzionata al luogo: non urlare in modo da rintronare gli orecchi e da parere irritati, non parlare così piano da non essere uditi. È bene osservare i più lontani per accorgerci se sentono. Dirigere però la voce in modo che non si perda, ma si diffonda in tutto l’uditorio. L’articolazione sia chiara: e si noti specialmente di non mangiare le finali. Si eviti la monotonia nel tono della voce, nelle cadenze, nelle frasi. Si narra d’un predicatore soprannominato laonde pel troppo frequente ripetere di tale parola. Si eviti pure quel tono quasi piagnucoloso, lo sputare con mal garbo, fiutar tabacco: così si osservi il galateo nel tossire o nello starnutare. Il gesto deve essere naturale e semplice, non comico come quello di un teatrante: il sommo degli artifizi, dice S. Francesco di Sales, è non averne alcuno.13 Il corpo sia diritto: non istà bene passeggiare sul pulpito: è difetto il torcere la testa o troppo agitarla, tenerla sempre alzata o ripiegata sul petto. Il volto sia benigno e sorridente, e in generale ravvisi i sentimenti di cui si è compresi, ma non contraffatto in modo ridicolo, come sarebbe torcere la bocca, aprirla troppo, mordere le labbra, sorbir le nari, allungare o raggrinzare il collo. Gli occhi appaiano modesti: è difetto tenerli chiusi o sempre fissi da una parte, massime se là vi sono donne: meglio dirigerli su tutta l’udienza. Si eviti di percuotere
il pulpito coi piedi o troppo frequentemente colle mani: è più da comico che da oratore sacro... Ma dopo tutti questi precetti noto la pratica di un valente predicatore: Nell’esporre le mie prediche non ebbi quasi mai altra attenzione che a due cose: a ciò che dovevo dire, perché mi sgorgasse bene dal cuore, e all’uditorio, per accorgermi della sua attenzione e delle sue impressioni.
Questa norma mi sembra la più utile in pratica; è però bene aggiungere: pregare i colleghi, specie i migliori predicatori, che ci ascoltano, a dirci i difetti rilevati. Ben sovente sulla bocca di tutti corrono i difetti d’un predicatore: l’ignora solo chi dovrebbe conoscerli per correggersi.
c) Dopo la predica. Conviene raccogliersi qualche istante, umiliarci innanzi a Dio di tutti i difetti commessi sia nella preparazione, che nell’esposizione e nell’intenzione: recitare quindi di cuore un atto di contrizione e chiedere a Dio che dia incremento alla semente sparsa.