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Giacomo Alberione, SSP
Appunti di Teologia Pastorale - II edizione

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Regole generali. Prima di accennare alle divozioni principali da coltivare nella pratica pastorale, gioverà notare alcuni princìpi generali per non dover poi ad ogni anno ripetere le stesse cose.

1° Ogni sacerdote mandato ad una popolazione, come parroco, curato, cappellano, troverà praticate certe divozioni ed erette forse delle compagnie. Vada molto a rilento prima di criticare, distrurle, cambiarle, erigerne di nuove: ancorché le vecchie avessero qualche difetto. Anzitutto con calma esamini il bene, il male, il frutto; poi si adoperi a svolgere il bene e a togliere gli abusi. Che se lo vedesse davvero necessario potrebbe anche lasciarle a poco a poco cadere. Non urterà colla popolazione; ciò che già vi è gli servirà; otterrà più presto il suo scopo, d’ordinario. Se per esempio vi è molta divozione alla Madonna di Pompei ed egli la crede un po’ vuota perché manca la frequenza ai SS. Sacramenti, non voglia di punto in bianco cambiare la prima nella seconda, accudisca moderatamente la prima: dimostri che, per onorare Maria SS., ottimo ossequio è confessarsi e comunicarsi spesso, massime per ottenere una grazia speciale: in ogni festa della Madonna con avvisi e prediche procuri una solenne Comunione generale. Vince in bono malum:2 i violenti s’affaticano molto, sollevano critiche, ottengono poco.

2° Le divozioni, le pratiche di pietà, le compagnie


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devono essere poche. È vero che tra la moltitudine vi può essere chi ne preferisca una e chi un’altra: ma ciascuno deve averne poche ed è pur vero che ogni sacerdote non dovrà poi stabilmente ed ordinariamente coltivarne molte. Poco e bene è sempre stata la regola dei santi e dei saggi.

Quali preferire? Posto che si abbia da scegliere giova:

a) Anzitutto aver riguardo al fine che si vuol ottenere: se si ha per esempio da diffondere il Rosario, si potrà erigere un altare, una statua, una compagnia ad onore di Nostra Signora del S. Rosario;

b) Se si tratta della divozione ad un Santo, preferire quello la cui vita è ben conosciuta anche nei suoi particolari ed è possibile ad imitarsi da quel ceto di persone cui si vuole inculcare. Qualunque sia poi la divozione, la compagnia, il sodalizio, ecc... noi dobbiamo sempre riguardarli non come fini, ma come mezzi a praticare la religione. Una cura somma dunque che il popolo non si perda in vuote esteriorità: ma da tutto abbia incitamento alla virtù, allo spirito di mortificazione, al distacco dai beni del mondo;

c) Infine aver riguardo all’indole ed ai bisogni delle diverse età: poiché alcune sono più convenienti ai giovani, altre agli uomini, altre alle figlie, altre alle donne: alcune ad operai, altre a contadini, altre a studenti. Ve ne hanno però diverse che convengono ad ogni età e classe di persone.




2 Rm 12,21: «Vinci con il bene il male».






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