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Sac. Giacomo Alberione, Primo Maestro della Pia Società San Paolo Oportet orare IntraText CT - Lettura del testo |
Istruzione II. — LE TENTAZIONI CONTRO LA PREGHIERA — Giorno I.
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Avendo Giuditta sentito dire come Ozia avesse promesso la resa della città passati cinque giorni, mandò a chiamare gli anziani Cabri e Carmi. Andati che furono da lei, disse loro: «Che parola è quella con la quale Ozia ha consentito di consegnare la città agli Assiri, se dentro cinque giorni non vi viene soccorso? Chi siete voi da tentare Dio? Questa non è una parola che ecciti la misericordia: provoca piuttosto l'ira ed accende il furore: voi avete fissato un termine alla misericordia del Signore, a vostro arbitrio le avete fissato un giorno. Ma ora, giacché il Signore è paziente, facciamo penitenza anche di questo, e imploriamo con abbondanza di lacrime la sua indulgenza; ché Dio non minaccia come l'uomo e non si accende di sdegno come il figlio dell’uomo. Or dunque umiliamo dinanzi a Dio le nostre anime e, servendo a lui collo spirito umiliato, diciamo colle lacrime al Signore che ci usi misericordia in quel modo che gli piace, in modo che, come abbiamo agitato il cuore per l'orgoglio degli Assiri, così possiamo gloriarci della nostra umiliazione.
Allora Ozia e gli anziani le dissero: «Tutto quello che hai detto è vero, e non c'è che ridire nelle tue parole. Or dunque prega per noi; ché sei una santa e temi Dio».
(Giuditta VIII, 9-17; 28-29).
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Una pratica molto salutare e sapiente viene suggerita da S. Alfonso nei
suoi libri ai confessori, ed è questa: Quando i confessori sentono per la prima
volta un'anima, ed ancora non hanno potuto farsi un concetto alquanto sicuro
dello stato in cui si trova, la interroghino subito sull'orazione. Questa è la
via facile, breve ed abbastanza sicura per scoprire se quell'anima ha buona
volontà o non l'ha; se quell'anima, quando si accusa, esagera i suoi difetti, o
scusa i suoi peccati; se si trova nel peccato, nel fervore, nei pericoli, nella
tiepidezza. Conoscere se si prega o non si prega è come tastare il polso per
conoscere come stia la salute del corpo. Il medico quando viene a visitare un
malato si fa mostrare la lingua. Dalla lingua, che è un piccolo membro, si
giudica dello stato di tutto il corpo. Così pure dalla preghiera conosciamo lo
stato di un'anima. Se prega, certamente è di buona volontà, e, ancorché possa
aver qualche peccato, noi possiamo sempre sperarne bene. Ma se ha abbandonato
il gran mezzo della preghiera, a quale altro mezzo così efficace si appiglierà?
Perciò lo Scaramelli, che è grande maestro di spirito, impiega, si può dire,
metà la sua opera «Direttorio Ascetico» per parlarci
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della preghiera, dell'aiuto che viene da essa e del modo onde pregare bene.
In questa istruzione ci fermeremo sopra le tentazioni contro la preghiera.
Vedremo che: 1) alcune vengono dal demonio; 2) altre dal mondo; 3) altre da noi stessi.