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Sac. Giacomo Alberione, Primo Maestro della Pia Società San Paolo Oportet orare IntraText CT - Lettura del testo |
La vita cristiana, i santi voti, lo stato sacerdotale, per chi prega
diventano tante
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sorgenti di consolazione e di merito. Allora, le stesse difficoltà allettano, rendono audaci nel sacrificio, e nell'immolazione si esclama: È questo il calice che io ho desiderato di bere. Come Gesù Cristo: «Desiderio desideravi hoc pascha manducare vobiscum, antequam patiar»3. O patire, o morire! diceva quella Santa. E quell'altra: Patire e non morire! Ed ancora il Dottore della mistica, S. Giovanni della Croce: Una cosa sola domando: «Pati et contemni pro Te»a.
Perciò la vita cristiana, la professione religiosa, il sacerdozio possono diventare il nostro tormento o la nostra consolazione in terra, gloria o ignominia nell'eternità, secondo che avremo o mancheremo di preghiera: sta a noi!
Ché assumere e vedere sempre i doveri, per non adempierli, sarebbe stato
meglio non esserceli addossati; ma vedere i nuovi doveri ed abbracciarli con
entusiasmo, volerli con cuore, e adempierli almeno con il desiderio, con
calorosa audacia ed umile ostinazione, quando non si possono tutti compiere di
fatto: questa è la via dei santi che fedelmente corrisposero alla divina
chiamata. Solo a condizione di pregare e pregare assai, proveremo: «Jugum enim meum suave est, et onus meum leve»4;
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«Pax multa diligentibus legem tuam»5. Disse Gesù: «Vi lascio la pace, vi dò la mia pace: ve la dò, non come suol darla il mondo»6. Infatti la pace di Gesù è pace vera ed eterna; ma nasce dalla croce e dai doveri adempiuti. Conoscere bene i doveri della vita sacerdotale, religiosa e cristiana non basta: occorre che questa luce non sia solo uno splendore, ma anche un calore. Il nostro cuore sia generoso, si immedesimi col Cuore di Gesù, viva della vita di Gesù! Questo si fa e si compie solo con la preghiera; senza di essa è inutile voler sperare di entrare nella fornace ardente di carità e di ogni virtù del Cuore di Gesù: «Fornax ardens charitatis» e «virtutum omnium abyssus»7. Senza la preghiera, né vita sacerdotale, né vita religiosa, né vita cristiana.
In morte si raccolgono e quasi si addizionano le opere fatte in vita: di
pietà, virtù, fede, zelo, vittorie e, purtroppo! peccati, negligenze,
omissioni, parole, sentimenti vani, ecc. Ora, se nell'addizione gli addendi
rappresentano pietà, virtù, zelo d'oro e d'argento, allora la somma è oro,
argento...; ma se le opere, i sentimenti, le aspirazioni, la giornata
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sono fatue, terrene, vanità, ecc., la somma sarà della stessa natura. Chi addiziona virtù e meriti, opere di zelo, avrà una somma di virtù e meriti e opere di zelo. Non si può mettere negli addendi pesche ed erba secca e trovare nella somma dei valori. Se la vita fu un continuo seminare di tiepidezze, quello sarà il raccolto che si farà in morte; chi semina grano miete grano: chi semina erba miete erba; chi semina ortiche miete ortiche; chi semina vento troverà tempesta; chi raccolse ricchezze in morte disporrà di molte ricchezze; chi sciupò tutto, alla fine si troverà in povertà.
E di più: anche la preparazione immediata ha le disposizioni di fede, di carità, di pazienza della vita. Chi accumulò fede avrà fede nel ricevere i Sacramenti; chi accumulò pazienza avrà rassegnazione nell'accettare la morte; chi era fervente sarà fervente nelle ultime giaculatorie, aspirazioni, baci al Crocifisso; chi ebbe la divozione a Maria troverà questa Madre sul letto di morte. Solo chi ha progredito ogni giorno nella virtù si troverà allora avanzato, forte, buono! Il tiepido si troverà ancora tiepido; e nella stessa infermità troverà ragione scusante a fare le ultime cose freddamente.
Andiamo di giorno in giorno avvicinandoci all'eternità. A che punto siamo
della nostra
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vita? a due terzi? ad un terzo? verso il tramonto? Non lo sappiamo con precisione: sappiamo però che il numero dei vecchi è piccolo, e che vale niente appellarsi alla resistenza fisica, alla robustezza, alle attenzioni, alle premure, ai riguardi che possiamo usarci. È nei segreti di Dio l'ora della nostra morte: «Statutum est hominibus semel mori»8.
E quindi, dobbiamo considerare che oggi, domani, può essere l'ultimo giorno, può arrivare l'ultima ora di nostra vita. Avevamo fatto questa riflessione, quando era venuto a morire un sacerdote giovanissimo, Vicecurato in una Parrocchia ove l'Arciprete era vecchio, vicino ai novant'anni, da tanto tempo inabile ad ogni ministero. Il Curato, pieno di salute, sui trent'anni, destinato a succedergli, lo precedette nel sepolcro, mentre sembrava attendere il momento in cui Dio chiamasse il Parroco. Lezioni della morte! Avvisi salutari di Dio!
Ci accostiamo alla morte. Gli ultimi anni, le ultime giornate, ed almeno le ultime ore, gli ultimi momenti del fervoroso saranno illuminati dalla luce celeste, saranno consolati da una pace profonda che viene dallo Spirito Santo.
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Abbiamo già fatto diverse volte il paragone e ci è sempre più caro. Quando si avvicina il mattino noi cominciamo a vedere l'alba, il biancheggiare; poi, vediamo l'aurora, l'indorarsi delle cime dei monti, il colorirsi in oro del cielo, che sono come preannunzi del sole che fra poco apparirà maestoso sopra l'orizzonte; e tutta la natura in questi annunzi si risveglia e si allieta, e gli uccelli cinguettano: tutto pare far festa. In modo simile, man mano che si avvicina l'eternità, quella luce celeste che viene dallo splendore del cielo, sembra albeggiare nelle anime, rischiararle... In qualche momento sembra già scoprirci Dio! quasi «video coelos apertos, et Filium hominis stantem a dextris Dei»9; «Desiderium habens dissolvi, et esse cum Christo»10. Quel calore celeste sembra già riscaldare l'anima ed allietarla in un ferventissimo amor di Dio. «Lux aeterna luceat eis»11. È una luce eterna che è pure calore che si effonde nel cuore.
Il canto del paradiso sembra mandare l’eco fino a quel vecchio stanco:
stanco nel predicare, nello scrivere, nell'amministrare i Sacramenti,
nell'aiutare anime a salvarsi. Le sue forze sono esaurite, ma esaurite nel
portare Gesù Cristo. Quei gaudi eterni sembrano
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riflettersi nel cuore! «Tanto è il bene che aspetto, che ogni pena mi è diletto!» dice S. Francesco d'Assisi12. Quindi, le ultime giornate, generalmente, sono consolate; le ultime ore, spesso, sembrano un saggio di quello che ci attende: il riposo eterno: «Requiem aeternam dona eis, Domine»13.
Invece il religioso, il sacerdote, il cristiano tiepidi, che poco amarono lo stare con Dio ed il conversare con Dio, sembrano presentire un gran timore ed una incertezza di quel che li attende; sembrano presentire e indovinare un giudizio severo. Tutti i giorni che passano, tutti i preannunzi della morte sono come colpi e sentenze che cadono sul capo. Gli acciacchi dell'età, gli incomodi che si moltiplicano, i sensi che, uno per volta, divengono sempre più inabili, li rendono tristi, sconfortati; vorrebbero allontanare quel momento, che inesorabilmente si approssima.