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Sac. Giacomo Alberione, Primo Maestro della Pia Società San Paolo Oportet orare IntraText CT - Lettura del testo |
Meditazione II. — LA MORTE DEL FERVOROSO — Giorno II.
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Il fariseo e il pubblicano
In quel tempo Gesù disse pure questa parabola, per certuni, i quali confidavano in se stessi, come giusti, e disprezzavano gli altri: Due uomini ascesero al tempio a pregare; uno era Fariseo, l'altro pubblicano. Il Fariseo, stando in piedi, così dentro di sé pregava: O Dio, ti ringrazio di non essere io come gli altri: rapaci, ingiusti, adulteri, come anche questo pubblicano. Io digiuno due volte la settimana, pago le decime di quanto possiedo. Il pubblicano invece, stando da lungi, non ardiva nemmeno alzare gli occhi al cielo; ma si batteva il petto, dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore. Vi assicuro che questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell'altro; perché chi si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato.
(Luc. XVIII, 9-14).
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Un'alternativa terribile ci sta innanzi: fra breve tempo sarà decisa la
nostra sorte, saremo o sempre salvi in cielo, o sempre disperati
nell'inferno. La morte del tiepido ci lascia in tanta incertezza sulla sua salute eterna, se consideriamo come egli riceva i Sacramenti della Penitenza, della Comunione e dell'Estrema Unzione. Eppure la nostra salvezza è il negozio necessario, il negozio unico per cui viviamo, il negozio eterno. Come viviamo così moriremo; è certo che chi in vita si fa molti meriti, muore con molti meriti, poiché tutti li troverà: «Opera tua sumus, non te deseremus»a; mentre chi in vita si fa pochi meriti, in morte si troverà con pochi meriti; chi ha peccato in vita, si troverà a mal partito in morte. Abbiamo preso una risoluzione di voler ricevere fervorosamente i Sacramenti della Penitenza e dell'Eucarestia, e di sempre approfittare delle SS. Indulgenze della Chiesa.
A confermarci in questa risoluzione, consideriamo ora la morte felice e serena del cristiano, del religioso e del sacerdote fervente.