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Sac. Giacomo Alberione, Primo Maestro della Pia Società San Paolo Oportet orare IntraText CT - Lettura del testo |
b) Ci confessiamo innanzi a Dio.
b) Ci confessiamo innanzi a Dio.
Noi dobbiamo nell'angolo della nostra camera, dove ci sentiamo umiliati e
compunti, sollevare il nostro cuore e la nostra speranza al Padre: «Surgam et ibo ad patrem meum»2, a dirgli:
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«Ho peccato
davanti a te e davanti agli uomini».
Dobbiamo alzarci e dire al Signore: io che sono stato posto fra cielo e terra
per presentare al cielo i voti e le preghiere degli uomini e per prendere da
Dio i benefici, le grazie del Cuore Sacratissimo di Gesù; io sono stato forse
ingrato! Io lascio passar tutti i doni di Dio! lascio passare le cose dagli
uomini a Dio, e da Dio agli uomini, senza nutrirmi, senza cercare di essere
come una conca che si riempie e poi versa per troppo pieno. «Quod
superest, date eleemosynam»3;
questo si deve verificare di più nelle cose spirituali. Sono stato veramente
una conca che prima ha accolto ed accumulato quel che veniva dal cielo, e poi
ha versato sugli uomini in abbondanza? Ho mandato al cielo i profumi degli
incensi e dei cuori degli uomini con cuore mondo e santo? Io, in sostanza, ho
detto bene: «Dirigatur oratio mea sicut incensum in
conspectu tuo»?4 l’ho detto con intelligenza?
L'ho bruciato con sapienza, come si doveva, ogni giorno, questo incenso di
pietà? Ah, io dovevo salvare gli uomini più con la preghiera che con la parola!
Signore, che cosa vi risponderò quando mi chiederete conto di questo grande
compito, di questo grande
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mezzo, di questa grande ricchezza, di questa grande potenza che è nelle mie mani? «Quid sum miser tunc dicturus, cum vix justus sit securus?»b
Dobbiamo confessare davanti a Dio se le nostre orazioni sono fatte bene o non bene. Si dovrà dire: sono sempre distratto? ma volontà effettiva c'è di pregar bene? Perché si può anche scrivere assai distratto, ma saper che si scrive e deliberatamente! Ciò che ci deve invece muovere a vero dolore si è la mancanza di volontà schietta di pregare.