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S. Alfonso Maria de Liguori
Lettere

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64. AL P. D. CESARE SPORTELLI, RETTORE DELLA CASA DI PAGANI.

Il santo gli parla del suo sentimento di abbandonare la casa di Pagani, delle missioni da farsi e di una certa sua speranza.

Viva Gesù, Maria, Giuseppe e Teresa!

 

ILICETO, 28 DICEMBRE 1744.

 

Ho ricevuta la vostra carissima, insieme con i vostri divoti sentimenti. E mi scrivete circa il principio di pace ecc., ed ostinazione di D. Francesco;1 ma non mi scrivete niente


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circa l'ultima lettera che mandai a V. P. intorno alla licenziata dalli Pagani, come vi ho scritto, però colle condizioni, che D. Francesco s'accolli tutti i debiti e che, prima di rinunziare alla donazione, se ne richiegga il permesso del Re, del Vescovo e della città; perché così sempre saremo a tempo di scusarci, se non rinunziamo.

All'incontro, questa toccata d'armi è necessaria, a me pare, per liberarci da tante inquietudini e per risolvere quello che si ha da fare; perché se le cose non si quietano in qualche modo, io non ho sentimento sicuro, che Dio voglia più cotesta fondazione così inquieta e incomoda per la Congregazione. E vero, che Dio ha fatto vedere prodigi, ma forse ha avuto altri fini delli nostri. Scrissi però che, se V. P. ci avea difficoltà, me la notificasse per risolvere, perché non vi era tanta fretta di correre. Di nuovo la prego a scrivermi, se vi ha difficoltà, o pure ad eseguire in tutto o in parte la mia lettera, giacché l'istesso sentimento mi seguita.

Già vi scrissi ancora, che se ora non si ha da abbandonare cotesta fondazione, bisognerà che V. P. seguiti ad assistermi sino almeno che le cose si mettano in qualche stato di quiete.

Qui le cose seguitano ad andar prospere; ma per le missioni degli Abbruzzesi, il demonio ha cominciato a farsi avanti per impedirle. Saranno da novanta mila anime abbandonate, ma oh Dio, e come abbandonate! Se avessi potuto senza pregiudizio sbrigarmi dalla missione di Modugno,1 ora l'avrei fatto per indrizzare la raccolta di questa gran messe, cioè le missioni degli Abbruzzesi. Ma non mi è paruto bene tralasciar per ora, dopo tanti appuntamenti coll'arcivescovo [di Bari], arciprete e clero, quella missione. Ma all'incontro, andando a Modugno,

non posso lasciar le missioni cominciate agli Abbruzzesi per più ragioni forti, e perciò ho mandato a chiamare D. Andrea [Villani] e D. Gaetano [di Caro] o D. Paolino [Scibelli], se non può venire D. Gaetano; ché poi D. Andrea ed alcun'altro 


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con D. Lorenzo [d'Antonio], come penso, se ne torneranno costì al ritorno nostro da Modugno.

Io non ho risoluto la totale permanenza a questa casa per sempre. Quando Dio vorrà, tornerò a Ciorani. Ma mi pare necessario che per qualche tempo notevole io non mi parta da qui, perché sono infinite le cose da aggiustarsi e risolversi, e di gran peso.

Seguito a scrivere per altra mano, perché mi ritrovo infermo nel letto con flussione e catarro di petto e febbre. Qui il bene che si può fare, per le circostanze che vi sono, è immenso; altro che a Nocera e Ciorani. Tralascio di scriver tutto. Ma quando verrete qui, Dio piacendo, lo vedrete. Si tratta di estrema necessità.

Io sperava che venisse qua il principe di Castellaneta, per accomodare con lui qualche sussidio annuo per sostentamento della casa; ma il Signore non ha voluto che venisse. Onde è stato bisogno, che glie lo scrivessi, come sta nella lettera acchiusa. V. P. la legga e la suggelli.

Ma bisogna ancora che V. P. vadi apposta a Napoli a parlargli con portargli questa mia; perché sempre si farà più colla voce, ed il Principe sempre avrà meno animo di negare, da faccia a faccia, quello che con più animo può negare colle lettere. Non vi è rimedio: bisogna battere il ferro ora che è caldo, perché se le cose si raffreddano, forse difficilmente più si potrà avere niente dal Principe. Ma ora ben si potrà avere un cento cinquanta o cento scudi annui dal Principe, assegnandoli sopra le rendite del feudo.

Onde veda V. P. disputarne qualche parola col Principe: a V. P. non manca modo. E necessario che V. P. per quest'affare tralasci ogn'altra cosa; perché, se si sgarra ora, non si potrà più fare. Onde prego V. P. a sbrigare quella missioncella, che forse si troverà fra le mani, e subito ad andare in Napoli a parlare con Castellaneta; perché spero che, dopo la sua parlata, esso subito scriverà qui in Iliceto, e qui l'agente col canonico Maffei aiuteranno la barca, e presto si concluderà qualche cosa di buono, prima che il Principe avesse da partire


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col Reggimento: il che non sarà difficile, per gl'imbrogli che si sentono. All'opere perpetue devono cedere le opere temporali. Abbia pazienza V. P., si pigli questo incomodo per l'amore di Maria Santissima.

Abbraccio tutti in Gesù Cristo. Ho scritto che vi facciano leggere le lettere scritte a Ciorani. Leggetele e fatele leggere.

 

Viva Gesù, Giuseppe e Maria !

 

Qui sono arrivati D. Bernardo [Tortora] e D. Ignazio ieri sera lunedi, ad ore ventidue, dopo tre giorni stentati di neve da sotto e sopra.

 

Vostro servo e fratello

ALFONSO del SS. Salvatore.

 

[P. S.] Avverto V. P. che, dopo ricevuta questa, aspetti un'altra settimana e poi vada a Castellaneta; perché, fra questo tempo, esso voglio che riceva un altra mia, che gli mando anticipatamente per Oliviero.1

Castellaneta sta di casa all'anime del Purgatorio, al palazzo della duchessa delle Pesche.

 

Conforme all'originale che si conserva nel nostro Archivio generalizio di Roma.

 




1 D. Francesco Contaldi, fondatore della casa di Pagani, quanto si era adoperato per ottenere la fondazione, altrettanto poi si adoperò per distruggerla.

1 Modugno, terra della diocesi di Bari, ebbe poi la santa missione nel mese di febbraio.



1 D. Giovanni Oliviero era penitente del Santo e dimorava in Napoli.




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