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S. Alfonso Maria de Liguori
Lettere

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331. AL P. D. GIUSEPPE MELCHIONNA,1 IN ILICETO.

Dolcemente gli rimprovera i modi troppo ardenti e inconsiderati con cui era ad esso ricorso.

 

Viva Gesù, Maria, Giuseppe e Teresa!

 

NOCERA, 30 APRILE 1760.

 

signore, dite al P. Rettore [D. Antonio Tannoia], da parte mia, che vi mandi qui subito che si può; dico qui, a Nocera.


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S. Paolo eremita a S. Antonio, che lo pregava ad aprirgli la porta, con dire che altrimenti sarebbe morto colà all'uscio, rispose quando gli aprì: questo è un bel pregare, pregare minacciando! Lo stesso dico a voi. Compatisco li flati [spiriti] esaltati. Vi sognate? Chi mai vi ha mandato per castigo ad Iliceto?

Perché mai li Fratelli possono pigliarsela con V. R., quando la cosa di Fr. Domenico la sa tutto Iliceto?

Altrimenti vi cercherò la dispensa! - Voi la cercate, e chi ve la ? O mastro Giorgio, che fai che perdi tempo? Non v'inquietate per le tentazioni. Le tentazioni non sono peccati. Voltatevi sempre alla Madonna, e non abbiate paura.

Non temete: non comunicherò la vostra lettera al P. Ferrara. Ma per carità, un'altra volta, non tanta furia! Se non vi sapessi, vi darei un buon cavallo. Venite presto: v'aspetto.

Sappiate poi che, non solo per causa di difetti, ma per ogni minima causa si mutano i soggetti da casa a casa; e che siamo noi monaci di famiglia? Replico: vi compatisco, perché non siete voi, ma i flati che parlano. Ma un'altra volta dite alli vostri flati che parlino con un poco più di discrezione.

Vi benedico. Viva Gesù, Maria, Giuseppe e Teresa!

 

Fratello ALFONSO del SS. Redentore.

 

Conforme ad una antica copia.




1 Il P. D. Giuseppe Melchionna, nipote del P. D. Girolamo Ferrara, nacque a Teora, arcidiocesi di Conza; fece la sua professione in mano del P. Antonio Tannoia il 3 marzo 1753, e morì nell'anno 1803 nella casa di Nocera de' Pagani. Il P. Tannoia, nella Vita di S. Alfonso lib. II, cap. 62, parlando della sua carità coi tentati contra la vocazione, cita la presente lettera con queste riflessioni: " Avendo (S. Alfonso) un'idea così alta di questa divina vocazione, maggiore ambizione non provava, di quella di veder taluno tentato ed in procinto di tornare indietro. In questi vacillamenti, egli attendeva soprattutto a distinguere se provenivano da alcun urto di tentazione, o se erano effetti di diabolica ostinazione della volontà. Se stimavali tentazione, compativa il trasporto, e non lasciava d'aiutare il soggetto coll'orazione propria e con quella degli altri; anzi scusava certe impertinenze, né vi badava gran fatto. Sognandosi un giovane Padre d'essere stato mandato per gastigo nella casa d'Iliceto, chiese con una lettera impertinente, o d'esser levato da quella casa, o di uscire di Congregazione. Conoscendo Alfonso esser quella una pura suggestione del demonio, lepidamente gli rispose: S. Paolo primo eremita ecc." E dopo citata la lettera, il Tannoia soggiunge: "Con questa dolcezza adattata ad un giovane, e temperata con pochissimo amaro, dissipò Alfonso la tentazione e pose in pace il soggetto."




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