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S. Alfonso Maria de Liguori
Lettere

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510. AD UNA FIGLIA DEL PRINCIPE DI ARDORE MONACA NEL MONASTERO DI S. LIGUORO, IN NAPOLI.

Le parla con favore della nuova vocazione e delle sue difficoltà, determinandole intanto il tenore di vita.

 

Viva Gesù, Maria e Giuseppe!

 

ARIENZO, 31 OTTOBRE 1766.

 

Prima di rispondere alla sua stimatissima, bisogna che le scriva quel che mi occorre in un caso simile a quello di V. R. La prego però a tener segreto quel che le scrivo, fuorché col suo Padre confessore.

Sette anni sono, dando io gli esercizî [in Napoli] a S. Marcellino, venne a conferirmi una religiosa, D. Brianna Carafa, la sua vocazione all'Eremo di Suor Orsola.1 Io esaminai la vita della monaca e l'altre circostanze, e l'animai a tirare avanti la sua vocazione. La medesima appresso ottenne il consenso del confessore, perché prima non l'avea ottenuto ancora; indi scrisse al Papa, e 'l Papa commise l'affare al Cardinal arcivescovo, e da questo pende il passaggio di D. Brianna. Ma le monache di S. Marcellino, avendo saputo ciò, che non han fatto e non fanno per impedirle il passaggio?

Or veniamo al suo affare.

Secondo tutte le circostanze che V. R. mi avvisa, io stimo più che vera la sua vocazione alle romite. V. R. è tirata alla solitudine, e questo è da molto tempo; anzi, come mi scrive, la sua prima vocazione era alle Teresiane, che anche professano solitudine. Credo poi ch'ella non abbia alcun positivo disgusto,


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o sia aversione del suo monastero; perché se si movesse per fuggire la croce costì, troverebbe nel romitaggio forse una croce più dura, che non potrebbe soffrirla; onde spero che voglia andar colà solo per trovare Dio, e fare una totale licenziata col mondo. Concorre ancora l'aversi pigliata il Signore la sua figliuola, come mi scrive, che le era di impedimento; (e la prego in ogni caso a non prendere più figliuole, che sono di molta distrazione per chi vuol attendere a Dio.)

Da tutte queste cose e dall'altre che mi scrive, io per me non dubito che la sua sia vera vocazione, ma prevedo gran montagne di difficoltà.

I parenti faranno fracasso, più fracasso faranno le sue monache in saperlo.

L'altra difficoltà sarà l'aggiustare gl'interessi col monastero di S. Liguoro, che non vorrà perdere la dote e pretenderà anche il suo vitalizio; ed il prenderlo non è cosa ingiusta come parlano i Decreti di Roma.

D. Brianna mi scrive da S. Marcellino che, circa gli interessi, ella lascia 50 ducati del suo vitalizio a sua sorella, monaca nello stesso monastero, insieme colla dote, e cinquanta ducati porta all'eremo, e di più S. Marcellino corrisponde annui ducati 60 al romitaggio. Credo che questo stabilimento sarà stato fatto da Roma.

Or veniamo al consiglio. Prima di tutto V. R. procuri in quest'affare di avere il consenso del suo degno direttore: senza questo non si muova a dare alcun passo. Di poi bisogna che scriva al Papa per ottenere la sua autorità su questo passaggio, e per aggiustare gl'interessi del monastero; e finalmente bisogna che si procuri il favore dell'Arcivescovo, perché senza questo non farà niente.

Iddio è onnipotente, e quando egli vuole farà facile il tutto. Perciò le consiglierei a cominciar da ora a far la vita di romita: solitudine, cella e coro; attendere ad ubbidire negli offici che tiene nel monastero, e tutto l'altro tempo darlo all'orazione


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ed a lezioni spirituali, con andare alle grate quanto meno si può.

Non sappiamo che cosa Dio ne voglia. Vostra Riverenza tiri avanti per lo passaggio (s'intende col permesso del direttore). Ma chi sa se forse Iddio la vuole romita in cotesto stesso monastero, licenziandosi affatto da' parenti e dalle grate, come fece, in Donn'Alvina, la penitente del P. Torres di casa Sanfelice: il che non sarà difficile che le accorderanno i parenti e le monache di S. Liguoro, nel caso che non vorranno accordarle il passaggio alle romite.

Le raccomando poi la segretezza di quest'affare: non ne parli con altri che col Direttore e 'l P. Pisanelli [della compagnia di Gesù], perché se il suo pensiero si sa dalle monache, esse le attraverseranno i passi con Roma, col Cardinale e co' parenti.

Le raccomando anche di operar tutto con pace. Se mai non le riesce il suo desiderio o qualche passo che darà, voglio che non mai se n'inquieti, perché l'inquietudine non viene mai da Dio. Vostra Riverenza non desidera il romitaggio che per dar gusto a Dio; onde quando il Signore le dimostrerà esser suo gusto che resti in cotesto monastero, V. R. dee in tutto quietarsi e dire: Signore, io voglio il gusto vostro, e non il mio.

Frattanto vedremo ancora qual termine avrà l'affare della religiosa di S. Marcellino [Suor Brianna Caraffa], e da ciò prenderemo luce per l'affare di V. R.

Io, miserabile qual sono, l'aiuterò nella s. Messa, acciò il Signore la faccia tutta sua.

V. R. non si scordi di raccomandarmi a Gesù Cristo nelle sue orazioni, e specialmente quando visita il SS. Sacramento.

Resto con tutto l'ossequio, rassegnandomi

Di V. R.

 

Umo ed obblmo servitore

ALFONSO MARIA, vescovo di Sant'Agata.

 

Conforme ad una copia antica.

 

 




1 Carlo Celano nelle sue notizie... della città di Napoli, giornata quinta descrive così la vita delle monache che vivono nell'Eremo della Madre Orsola Benincasa: " Vivono queste divotissime donne con una vita esemplarissima, non hanno grate, né parlano mai con uomini o con donne, né pur li vedono, fuorché il medico e 'l confessore in tempo d'infermità; e questo anco con molta cautela. Si dà loro il vitto dalle Suore del Collegio dalla parte di dentro. Si può dire che questo sia unico monistero in questa regola nella nostra Italia."






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