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S. Alfonso Maria de Liguori
Lettere

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637. AI PADRI DELLA CONGREGAZIONE DEL SS. REDENTORE.

Non crede che, nella Congregazione, sia il privilegio di poter celebrare la S. Messa nelle stanze degl'infermi, e ne adduce le ragioni.

Viva Gesù, Maria e Giuseppe !

ARIENZO, DAL PALAZZO VESCOVILE, 4 MARZO 1770.

Dilettissimi Fratelli in Gesù Cristo.

Fratelli miei carissimi, su del punto di dir la messa nelle stanze degli infermi, ho scritto più volte che non si può fare; ora voglio spiegarmi più a lungo, e prego tutti a non fare più scritti su questo punto, mentre io tengo per certo che non si può fare.1


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Le parole del privilegio son queste. Nel 1729, fu concesso da Benedetto XIII al Preposito Generale de' Pii Operarî il potere erigere, non solum in domiciliis vestris urbanis, sed etiam suburbanis, et etiam Congregationis aedibus, oratoria ad rem divinam faciendam, ad aegrotantium praesertim solatium, cum quisquam ex sodalibus vestris morbo decumberet, . . facultatem elargimur.

Sicché il Papa distingue tre cose: domicilii urbani, che sono per esempio le case che i Pii Operai tengono in Napoli; domicilii suburbani, che sono le case fondate fuori di città, come S Maria de' Monti in Napoli, e Santa Balbina di Roma; e case di campagna, per le quali si intende la parola aedibus, com'è la casa che tengono a Somma; dove, senza l'autorità del vescovo, possono erigere l'oratorio, cioè la cappella per dirvi la messa.

Io confesso il mio abbaglio: a principio dicevo che ben potevano dirsi le messe nelle celle; perché altrimenti, dicevo, se nella casa non vi era altr'oratorio che il comune o pii oratori comuni, non vi era il sollievo speciale degl'infermi. Ma poi ho riflettuto meglio che, essendosi concesso l'oratorio anche nelle case di campagna, vi e già il comodo de' Padri di dire e sentire la messa in casa, il che giova praesertim per sollievo degli infermi.

Ho letto poi lo scritto del P. Tannoia, il quale si affatica a provare che la parola aedes significa ancora camera o cella, cogli esempi che porta il Calepino di Facciolati.

Io ho osservato così il Calepino di Facciolati, come l'altro antico e quello di Torino: ed ho trovato che la parola aedes, secondo il senso ovvio ed ordinario, significa case, non già camere o celle, specialmente quando sta nel numero plurale. Le parole del Facciolati son queste: Sed tamen pro aedificio profano frequentius, plurali numero usurpatur, cujus rei passim occurrunt exempla. Si noti frequentius e passim. Sicché la parola aedes, aedium si prende comunemente per case, mentre passim gli autori la spiegano per casa.


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È vero che talvolta si prende per cubicolo, camera o cella; ma ciò è quando vi è l'addito o sia aggiunta, nel contesto, del senso, come si legge in quel passo di Curzio: Proximi foribus aedis in qua rex acquiescebat; ed in quell'altro: Ad fores aedis ejus, in qua rex vescebatur. Ivi aedes significa camera, ma ciò si argomenta dagli additi che vi sono, cioè vescebatur e acquiescebat. E così anche si spiega quel passo di Virgilio presso Facciolati Aut intus clausis cunctantur in aedibus omnes. Qui aedibus, significa cellette, ed il contesto lo spiega per cellette, mentre si parla delle api. Lo stesso si osserva in quel passo di Plauto addotto nel Porto Reale: Insectatur omnes domi per aedes. Ecco ivi anche l'addito, cioè la parola domi, dicendo Plauto: aedes domi. Ma quando la parola aedes sta sola, e dalle parole aggiunte non si specifica per camere o celle, come dice Facciolati passim, secondo il senso ovvio, aedes in plurali si prendono per case come ordinariamente si scrive da' conventi: Ex aedibus S. Dominici, s. Laurentii; ecc. E perciò il privilegio dice Congregationis aedibus. Se si volesse intendere aedibus domorum Congregationis, e dire anche nelle celle della Congregazione, sarebbe stato un parlare troppo improprio.

Oltre che, se valesse il privilegio per gl'infermi, secondo la lettera del privilegio, si avrebbe da dire, che anche i sani possono udire la messa in tutte le loro stanze, come scrive il P. Pavone, e ciò diceva bene se mai aedes significasse celle; mentre la parola praesertim include tutti i Fratelli della Congregazione, sani ed infermi. Non dice bene però il P. Pavone, che ogni Fratello poteva erigere da per sé l'altare nella stanza, perché tal facoltà d'erigere sta data al solo Preposito Generale.

Replico pertanto che non occorre fare più scritti, perché io sto fermo nel sentimento che, secondo il privilegio, non si può celebrare se non ne' soli oratori comuni, destinati dal Rettor Maggiore; e spero che tutti già osservino la mia obbedienza

che non si dicano più messe nelle stanze degl'infermi

E benedico tutti ecc.

Conforme all'edizione romana.




1 Si veda la circolare del 3 aprile, nella quale il Santo ritratta questa sua opinione.






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