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S. Alfonso Maria de Liguori Lettere IntraText CT - Lettura del testo |
717. AI PADRI E FRATELLI DELLA CONGREGAZIONE DEL SSMO REDENTORE.
Raccomanda loro la pratica delle virtù religiose, e protesta di non voler ritenere che i soli osservanti.
Fratelli e figli miei, vi scrivo questa volta colle lagrime agli occhi; perché sento che taluni di voi, mal corrispondendo al fine per cui Iddio li ha chiamati alla nostra minima Adunanza,
si facciano dominare dallo spirito della superbia e della disunione.
Ne' cuori in cui non regna l'umiltà cristiana, la carità fraterna e la pace, non regna Dio.
Mi fanno più temere le nostre incorrispondenze a Dio, che le più fiere persecuzioni degli uomini e de' demoni. Da queste ci protegge Dio, quando noi viviamo secondo il suo cuore e la sua santissima volontà. Allora potremo dire: Si Deus pro nobis, quis contra nos? Ma portandoci malamente con Dio Dio ci castigherà, anziché proteggerci.
Mi dispiace assai quando sento che qualche giovane de' nostri non vive secondo la perfezione evangelica, propria degli operai del Vangelo. Ma sento più sensibile e viva nel mio cuore l'amarezza, quando anche qualcheduno de' Padri e Fratelli più anziani e più antichi della nostra adunanza, che dovrebbe essere ai più giovani e recenti specchio di edificazione e virtù, sento che poco stimi l'obbedienza dovuta al Superiore.
Ho sempre raccomandato a tutti, e colla voce e colla penna, la santa obbedienza e la sommissione ai Superiori che fanno in terra le veci di Dio; dalla quale dipende il buon ordine, la gloria di Dio, il profitto delle missioni e la pace dello spirito proprio che, ubbidendo puntualmente, è sicuro in tutto di fare la volontà di Dio, in cui solo si trova la vera pace. Ma ciò non ostante il demonio ha tentato e tenta alcuni de' nostri a far poco conto dell'obbedienza: che perciò vivono essi inquieti ed inquietano i compagni ed i Superiori sotto mendicati pretesti, che il nemico della salute loro rappresenta nella mente come effetti e ragioni di zelo, di spirito lodevole, di riforma degli abusi e di amore della giustizia e della verità.
Gran cosa! Parlano taluni de' nostri di riforma e di zelo; ma poi non pensano a riformare in primo luogo sé stessi e la loro vita, più difettosa di quella degli altri.
Chiunque ha vero zelo, ed opera per Iddio, non fa altro che scrivere a me o al P. Vicario, che governa in luogo mio, quei difetti d'inosservanza che vede in casa ove si trova, e poi si
quieta e lo raccomanda a Dio. Ma l'inquietarsi, far partito, parlare e scrivere senza carità, entrare nell'impegno e volerla superare non è spirito di Dio, non è zelo; ma spirito abominevole di superbia, disordine di passioni, cecità tanto più incurabile, quanto più creduta luce di verità, e rettitudine di spirito che soffre mal volontieri le cose storte.
Fratelli e figli miei carissimi in Gesù Cristo, intendetela bene. Dio vuole la vostra obbedienza e sommissione rispettosa ai Superiori più che cento sacrifici e mille altre opere strepitose di gloria sua.
Dio ci vuole poveri e contenti della povertà, e dobbiamo ringraziarnelo, quando ci è per sua misericordia un tozzo di pane in tavola; e non ci fa mancare il puro necessario.
Chi non si contenta di menare fra noi poveri una vita povera nel mangiare e nel vestire, può licenziarsi dalla nostra adunanza senza inquietarci, ed andarsene alla sua casa a vivere come gli piace; perché io sono pronto ad accordargli la licenza: non volendo Iddio, nella sua casa, servi malcontenti che a forza lo servono e con continuo disturbo.
Ognuno si levi di testa quel fumo mondano, di voler comparire come gli altri e meglio degli altri, sino nel predicare la parola di Dio.
Non voglio affatto il predicare polito, con periodi e parole scelte che sono la peste della predica. Di questa maniera si perderebbe a poco a poco lo stile familiare e semplice, col quale le nostre missioni han fatto, per divina misericordia, prodigi di conversioni di anime, ne' paesi dove si son fatte a dovere e secondo Dio.
Anche ne' discorsi di qualche Santo, bisogna servirci dello stile familiare e semplice in lodare le virtù del Santo, e cavarne a proposito delle riflessioni morali, utili al profitto degli uditori; ma comporre e recitare il sermone sempre con semplicità di stile, senza tuono e senza parole gonfie e ricercate.
Dobbiamo predicare Cristo crocifisso, non già noi stessi; la sua gloria, non la nostra vanità.
Prego Dio che a questi, che predicano con vanità, mandi loro de' castighi, affinché imparino a predicare; e spero di essere esaudito.
Dico a tutti in generale che, chiunque si trova scontento di vivere nella nostra adunanza, mi cerchi licenza di ritirarsi alla sua casa con tutta libertà; ché io volentieri gliela darò, per non tenere gente a forza al servizio di Dio. Pochi e buoni, meglio che molti, ma superbi ed inquieti.
Se poi non vogliono licenziarsi da sé questi tali, sotto qualche onorevole pretesto, e vogliono all'incontro seguitare a vivere così disubbidienti, imperfetti e di poca edificazione ai compagni ed ai popoli nelle missioni; in questo caso mi dichiaro innanzi a tutti voi, che troverò io il modo di farli uscire dalla nostra adunanza, con maggior dispiacere e con loro minor vantaggio.
Postami avanti gli occhi la sola gloria di Dio e l'opera delle missioni, che la Maestà del Re vuole che si conservi nel primiero fervore a benefizio delle anime de' suoi vassalli, non avrò niuno umano riguardo o timore delle minacce di alcuni cervelli torbidi e privi dello spirito di Dio. Se essi scrivono, io ancora ho calamaio e penna. Tocca a me l'adempiere alle intenzioni di Dio e del Re, con ritenere quei soggetti che sono utili a mantenere l'opera delle missioni, e col mandarne via quei che si scuoprono inutili, anzi nocevoli al fine di quella. Io sono l'unico Direttore di questa adunanza di preti missionarî, anche secondo la mente del nostro Sovrano. Non dubito che la Maestà del Re sentirà più volontieri le mie sincere rappresentanze che i ricorsi de' torbidi e malcontenti.
Chi vuol restare tra di noi, bisogna che si risolva di ubbidire e di non inquietare le case ove si trova o dove sarà assegnato; perché son risoluto di non sopportare più questi tali che, colla loro vita male edificante, discreditano le opere delle missioni e non fanno del bene né per sé né per gli altri.
Fratelli miei, io amo ognuno di voi più che un fratello carnale; e quando alcuno si licenzia dalla nostra adunanza, ne
sento una pena indicibile; ma quando vedo che il male si è fatto cancrena e ci vuol fuoco, bisogna che lo adopri, quantunque mi costi ogni pena.
Il Signore Iddio a questo fine mi mantiene la vita in questa età così avanzata, per rimediare agli sconcerti che nascono a danno dell'opera delle missioni; ed io son risoluto di rimediarci in ogni conto.
Non mi fa timore che se ne vadano la maggior parte. Chi resta, resta. Dio non ha bisogno di molta gente; basta che restino pochi e buoni. Questi pochi faranno più bene che tutti gli altri imperfetti, superbi e disubbidienti.
Ho pubblicato già e di nuovo fo sentire a tutti che, in quanto ai giovani nostri che non ancora sono sacerdoti, voglio stare inteso io, quando hanno da prendere qualche ordine sacro; e non lo farò lor prendere se non dopo aver esaminato esattamente i loro portamenti, e [veduto] se abbiano alcune delle eccezioni apposte da S. Maestà ne' suoi dispacci circa l'ordinazione de' chierici. Spero di non far mai menoma cosa che possa dispiacere a Dio ed al Re: perciò prego tutti, e ciascuno di voi, di scrivermi con sincerità i difetti che avrà notati in qualche nostro giovane ordinando, quantunque non sarà da me richiesto d'informarmi.
Sappiano i giovani che in ogni conto voglio che non escano in missione prima di trent'anni; e quando in questo punto si avesse a dispensare per qualche necessità, ne voglio star inteso io.
Raccomando ad ognuno l'osservanza delle pratiche lodevoli che si costumano tra di noi, intorno la pietà e santità della vita.
Raccomando l'ubbidienza ai Superiori, l'amore a Gesù Cristo, l'affetto alla sua santa Passione, l'orazione, gli esercizî spirituali e il solito ritiro. Chi ama Gesù Cristo obbedisce e si contenta di ogni cosa, e sta sempre quieto.
Manderò appresso un regolamento pel buon ordine delle missioni, il quale voglio che si osservi puntualmente e ne esigerò conto dell'osservanza.
In tanto vi avviso come ho stimato e fatto Rettore di cotesta casa di S. Michele dei Pagani il P. D. Giovanni Mazzini, suoi Consultori il P. D. Alessandro de Meo e il P. Vitantonio Papa, e suo Ammonitore il P. D. Domenico Corsano.
Finisco colle stesse lagrime, pregando tutti a portarsi bene e non darmi più amarezza, in questi altri pochi giorni di vita che mi restano: come mi fa sperare quell'amore ed ossequio che sempre mi avete portato e dimostrato.
Fratello ALFONSO MARIA del SS. Redentore,
[P. S.] Questa medesima lettera, ordina Monsignor nostro Padre che si copi e si mandi alla casa della SSma Trinità di Ciorani ed in S. Maria
Mater-Domini di Caposele: aggiungendovi che, come per questa suddetta casa di S. Michele dei Pagani, il Rettore, Consultori ed Ammonitore sono li sopra scritti PP. Mazzini ecc, così per i Ciorani costituisce Rettore della casa il P. D. Bartolomeo Corrado, Consultori i PP. Liguori e de Leo, Ammonitore il P. Buonamano.1
Conforme ad un'originale che si conserva nel nostro archivio generalizio di Roma .