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S. Alfonso Maria de Liguori
Lettere

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778. AL P. D. ANDREA VILLANI.

Parla delle difficoltà della Congregazione in Napoli, della rinunzia al vescovado, che vorrebbe preceduta dalle sante missioni per tutta la diocesi.

Viva Gesù, Maria e Giuseppe!

[ARIENZO, NOVEMBRE 1774.]

Si signore, in tutto mi uniformo al vostro sentimento.

Sappiate che appunto iersera parlai col vicario [D. Giovanni Niccola Rubini] acciò scrivesse al fratello (che avea parlato con Carulli del dispaccio) che detto fratello e Pasquale Rubini non parlasse più di tal dispaccio con Carulli e lasciasse la cosa a dormire; affinché non se ne parlasse più, appunto perché abbiamo che fare con Vargas, e Vargas si tira Invitto.


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Ma Dio faccia santo il P. Maione, che di questo primo dispaccio, commesso alla Camera, non mi ha fatto niente inteso; perché non avrei dato altro memoriale.

Questo io lo diedi; perché venne qui il segretario di Tanucci, che ha molta confidenza con esso, e mi animò a darlo; ed io specialmente diedi quel memoriale per far sapere a Tanucci, non esser vero che siamo ricchi di 70 mila ducati, come gli hanno dato ad intendere, ma siamo in stato che ci moriamo di fame. Io poi do la supplica per aver la licenza della questua, e Tanucci esce di quarto ad esaminare se abbiamo o no fatti acquisti. Che Dio li faccia tutti santi!

signore, anche io stimo che non si faccia caso neppure del dispaccio commesso alla Camera; perché la Camera pure ha da venire a discifrare il punto degli acquisti, e così torniamo di nuovo ai contrasti. Pertanto replico le stesse vostre parole: è meglio che ci stiamo come ci ritroviamo, e Dio ci aiuterà.

Speravo che, in questa risposta che mi avete mandata, mi aveste scritto della risposta di [Mgr] Borgia circa la mia rinunzia, ma non leggo niuna parola di ciò.

Avvisatemi se, circa questo punto, ricevé V. R. la lunga lettera che vi scrissi; perché, se non l'avete ricevuta, la ritorno a fare, poiché in questa lettera mia io vi scrissi i motivi da rappresentare a Borgia, per li quali pareva spediente ch'io abbreviassi l'affare della mia rinunzia.

Io mi ricordo che Borgia faceva difficoltà per vedere le cose così imbrogliate; ma perciò vi scrissi di scrivere a Borgia, che le cose della Corona stanno ora così imbrogliate che non vi è principio di pace: onde che cosa ho da aspettare più? tanto più che mi è stato detto che Simioli si ha lasciato dire ch'io davo una specie di scandalo, trovandomi in quest'età e così infermo.

Pertanto, se non avete scritto a Borgia, scrivetegli ora e mandate un corriere apposta, ch'io lo pagherò. Io anelo di levarmi da questa carica; ma questo stesso desiderio della mia quiete mi fa temere ch'io non facessi la volontà di Dio.


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Benedico V. R. e tutti.

Ma sopra tutto, se si conclude la rinunzia, è necessario che parliamo insieme di molte cose, e specialmente delle missioni che vorrei compire prima di lasciare la diocesi; altrimenti resterei alquanto inquieto.

E la venuta vostra qui sarebbe anche giovevole per il vostro ristabilimento, giacché la mutazione d'aria giova più d'ogni rimedio. Ma resto con maraviglia che di tutte queste cose non mi rispondete niente in queste vostre ultime lettere. Scrivetemi ora per via di Napoli.

Fratello ALFONSO MARIA del SS. Redentore.

Conforme ad una copia.




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