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S. Alfonso Maria de Liguori
Lettere

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835. AL P. D. PIETRO PAOLO BLASUCCI, NELLA CASA DI FROSINONE.

Parla di cose spettanti la casa di Frosinone ed esprime la sua volontà che per ora non si pensi a fondazioni in Roma, e perché.

Viva Gesù, Maria e Giuseppe!

NOCERA, 27 OTTOBRE 1776.

Don Pietro mio caro, ricevo la seconda vostra lettera de' 20 di ottobre, la quale mi ha consolato; e dico in breve ch'ella tutta mi è piaciuta con tutti i suoi sentimenti ed espressioni, perché tutti sono aggiustati.

E ringrazio sempre Iddio che al presente ha fatto ritrovare V. R. in Frosinone; altrimenti cotesti altri miei Fratelli, secondo il loro zelo, vorrebbero vedere presto sollevata la Congregazione, in modo che facesse spicco e tenesse casa in Roma.


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Il tener casa in Roma, io, per ora e per molto tempo, stimo che non sia espediente. Lascio le ragioni. Quando è tempo, le dirò. In fine della lettera, metterò il capitoletto circa il consiglio del Signor Buonpiani.

Mi è dispiaciuto sentire che V. R. è stata poco bene. La prego di attendere alla sua sanità, ed a prendere qualche rimediuccio che i medici stimassero necessario. La vostra sanità ora è moralmente necessaria.

Ho goduto poi sommamente che il Sig. abate Eugenio ha promesso di adoprarsi, ritirandosi in Roma, di ottenere la total fermezza della casa di Frosinone coll'approvazione della Datarìa.

Per ora certamente non occorre di andare V. R. in Roma; ma, col tempo, sarà necessario.

Per ora è necessaria una somma segretezza. Io l'osserverò anche co' miei compagni di qua, fuori di due o tre, il P. Villani, Mazzini e Cimino, a' quali imporrò stretto silenzio.

Ottimamente ha pensato V. R. a non far parola del maneggio coll'abate Eugenio, né col vescovo né con Buonpiani, sintanto che non si ottenesse l'intento per la Datarìa. Né io scriverò al Cardinale Castelli, né ad altri per l'affare. Quando occorresse qualche mia lettera per Roma, V. R. me la scriverà: ne stia sicura.

Se bisognasse qualche regalo agli amici di costà o di Roma, V. R. me l'avvisi; perché subito lo manderò. E mi avvisi quando le bisogna soccorso (come ho scritto nell'altra mia), e mi avvisi il quanto, e la maniera di mandarlo.

Sento la lite sul padronato della chiesetta, e mi pare che tutto quel che si è pensato per evitare il disturbo, tutto va ottimo.

Non vi è rimedio: ne' principi delle opere di Dio, si ha da soffrire qualche incomodo; ma, come scrive V. R., la pretensione è frivola. Del resto, conviene che tutta la spesa per la lite si faccia da noi. Ed in tutti gli altri punti che mi scrive, non occorre ch'io dica nulla; mentre in tutto mi son rimesso a V. R. che, come vedo, opera con tutta l'oculatezza.


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Soggiungo qui un capitoletto a rispetto dell'andata a Roma, consigliata dal Signor Buonpiani. V. R. gli potrà leggere o comunicare il mio sentimento.

Intorno l'andare in Roma per ottenere la casa degli esercizî dismessa de' Gesuiti, come consiglia il. Sig. avvocato Buonpiani, gli dica che sommamente lo ringrazio per l'affetto che ha per noi, ed io gliene conserverò eterna memoria; ma per ora il mio sentimento sarebbe di aspettare miglior tempo, perché noi non siamo abbastanza conosciuti in Roma, e il pretendere questa casa degli esercizî potrebbe apparire una certa arroganza; tanto più che, sopra detta casa, avran posto già l'occhio molte comunità cospicue che si trovano in Roma.

Onde, per ora, stimo che si deve attendere solamente a stabilire coteste due case che abbiamo nella diocesi di Veroli, e specialmente la casa di Frosinone. Quando questa sarà poi bene stabilita col tempo, allora si penserà a quel che più conviene; tanto più che il nostro Istituto principalmente è intento a coltivare, non già le città grandi e rinomate, ma i paesi della campagna più bisognosi di aiuti spirituali.

Se poi, col tempo, Iddio ci farà conoscere che ci vuole in Roma, allora ubbidiremo.

Resto con benedire a V. R. tutto quel che fa: i passi, le parole e tutti i patimenti e sofferenze che avrà da patire in questi principi.

Quando viene il vescovo, gli baci la mano da parte mia.

Intanto benedico V. R. e li compagni, e resto

Di V. R.

Fratello ALFONSO MARIA.

[P. S.] Avvisatemi se volete ch'io scriva una lettera di ringraziamenti al Sig. abate Eugenio, e quando volete che gliela scriva. Io non mi muoverò a scrivere alcuna lettera a Roma, se V. R. non me l'avvisa espressamente.

Scrissi una mia al P. [D. Giovanni Battista] Costanzo, per sapere come va che il sacerdote Ciceroni si sia arretrato di darvi quel pezzo di terra, che ci avea promesso, e dove appresso dovea farsi il collegio.


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Avvisatemi poi se volete che mandi qualche regalo di libri, o di dolci, o di altro ad alcuni di Frosinone che ci han favoriti, come Buonpiani, Vespasiani, Signori dell'università [comune] o del Capitolo. Io non farò niente, se non me l'avvisate.

Quando sarà venuto il vescovo e gli avrete parlato, vi prego a scrivermi tutto ciò che occorre. E vi prego a scrivermi spesso, almeno quando occorre qualche cosa notabile.

Penso che, quando poi il Sig. abate Eugenio sarà in Roma, a poter trattare l'approvazione della Datarìa, sarà necessario che alcuno de' nostri vada ad accudirlo per trattare l'affare; almeno il Datario vorrà conoscere i missionarî che han da fondare la casa; ed allora bisognerà che V. R. vada a Roma per ultimare il negozio.

Del resto, non mancherà persona atta a consigliarla sopra di ciò; giacché sovra questo punto non può consigliarsi né col vescovo né con Buonpiani. Del resto, mi rimetto a quel che meglio a V. R. parerà spediente.

Conforme all'originale che si conserva nel nostro archivio generalizio di Roma.




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