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S. Alfonso Maria de Liguori
Lettere

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969. A S. MAESTÀ FERDINANDO IV, RE DI NAPOLI.

Supplica per alcune concessioni, dirette ad avvicinare il Regolamento alla Regola, e per un'altra grazia minore.

Viva Gesù, Maria e Giuseppe!

[NOCERA, MESE DI DICEMBRE 1780.] S. R. M.

Perché l'Opera delle missioni riesca di profitto ai popoli di questo vostro regno, ho creduto sempre necessario, o Sire, ne' missionarî che vi s'impiegano, un totale distacco dall'interesse, e che nelle missioni dimostrino al possibile virtùpregevole; e desiderando, che questo punto interessante si stabilisca con fermezza nel cuore de' miei compagni, e di quei che si consacreranno in avvenire a questa così utile opera: ho stimato mio dovere, come capo della Congregazione, di rappresentare a V. Maestà il mezzo più atto per giungere a ciò: e sarebbe che V. M. permettesse a coloro, che volontariamente imprendono tal ministero, il giurare a Dio benedetto di vivere perfettamente in comune e in povertà, senza pregiudizio però del dominio de' propri beni patrimoniali e dell'usufrutto de' medesimi, de' quali potranno sempre disporre a tenore di quello che si trova disposto nel Regolamento, approvato da V. Maestà con dispaccio de' 22 gennaio del corrente anno.

Mi è sembrato anche importante, per quanto abbia posatamente riflettuto e considerato, che coloro, i quali si risolvono di abbracciare quest'Opera, si obblighino a non abbandonarla senza ragionevole motivo.

Credo perciò esser di somma utilità che fosse pure loro permesso da V. Maestà il giuramento a Dio, di perseveranza, da potersi rilasciare dal Capo della Congregazione per causa ragionevole.

Le passioni, benché piccole, sono per lo più causa di abbandonare le buone risoluzioni, e il detto giuramento ne sarebbe un freno. Si sarebbe più sicuro della sincerità di coloro, i quali


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domandano di essere ammessi nell'Adunanza e non nascerebbero delle diffidenze che le di loro domande fossero ad altro fine dirette. Il Capo che gli ammette e che gli alimenta, cogli altri sacerdoti più anziani (essendo le case tutte, addette all'Opera, povere assai), non resterebbe defraudato del giusto e vicendevole di costoro aiuto. E quando coloro, che all'Adunanza si ascrivono, non abbiano il disegno di rimanervi sempre, ma per poco tempo, non mai si applicheranno seriamente all'acquisto delle virtù necessarie ad un buon operario; sicché le missioni fatte da costoro riuscerebbero anzi di danno, che di profitto.

E come le case sono tanto povere che S. Maestà Cattolica, nel 1747, ordinò, con dispaccio al Tribunale misto, che quest'Opera si aiutasse col superfluo de' luoghi pii, e specialmente della Congregazione di Castel di Sangro (lo che poi non si effettuò), e le spese all'incontro sono grandi: converrebbe che la Maestà V. accordasse ai missionarî suddetti la licenza di poter, nel tempo della raccolta delle biade e dell'olio, domandare a' loro amici e benefattori qualche soccorso, il che è stato dai contrari ascritto ad essi a colpa, quantunque non fosse ai medesimi proibito da S. Maestà Cattolica nel 1752, ma sì bene tolerato.

Queste tre grazie, S. R. M., mi sembrano necessarie alla continuazione dell'Opera suddetta, alla sua fermezza, buon ordine, tranquillità e profitto.

Lo rappresento alla Maestà V., e la supplico a concedermi, sulla fine de' miei giorni, queste grazie che terrò in conto grandissimo, e che mi faran chiudere gli occhi con pace e contento. E in questi pochi giorni che mi restano, supplicherò con più ardore il Signore Iddio a spargere a larga mano, sulla vostra real persona e su tutta la real famiglia, le più copiose benedizioni; ed al vostro real Trono profondamente m'inchino

Di V. Maestà

Umilissimo ed ossequiosissimo vassallo

ALFONSO MARIA DE' LIGUORI, vescovo.

Conforme all'originale che si conserva nel nostro archivio generalizio di Roma.




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